Cronaca locale

Fiamme in campo rom: muore un ragazzino

Incendio in un campo nomadi alla periferia di Milano: un morto e due feriti. La vittima, Enea Emil, aveva 13 anni. La causa sarebbe stata una stufa a legna dalla quale si sarebbero propagate le fiamme. I famigliari: "Non sapevamo che fosse dentro"

Fiamme in campo rom: muore un ragazzino

Milano - Un grave incendio si è verificato, questa notte, in un campo nomadi alla periferia di Milano. Il bilancio è di un morto e di due feriti. La vittima, Enea Emil, aveva 13 anni. L'incendio si sarebbe sviluppato nella baracca dove il giovane viveva con i parenti. "I suoi familiari non sapevano che fosse dentro anche lui - racconta un suo famigliare - alla fine quando hanno capito che non era in giro ma stava anche lui dormendo, i due fratelli hanno cercato disperatamente di rientrare per prenderlo, ma ormai era tutto avvolto dalle fiamme. E' bruciato vivo".

Le cause dell'incendio L’incendio si è verificato in un campo nomadi non autorizzato che si trova in via Caio Mario, un’area verde in fondo a via Novara, una lunga arteria stradale dell’estrema periferia ovest della città, e non va confuso con un altro campo, più grande e "regolare", che si trova nei paraggi denominato "campo di via Novara". A causare l'incendio sarebbe stata una stufa a legna, dalla quale, secondo i vigili del fuoco, si sarebbero propagate le fiamme. Le fiamme si sono sviluppate alle 2.50 e secondo i primi accertamenti avrebbero riguardato solo una casupola, sorprendendo nel sonno la famiglia. L’insediamento non ha allacciamenti: "La gente si riscalda come può - spiega un ex nomade ora stanziale, che fa il mediatore sociale - chi con le bombole, altrettanto pericolose se accumulate in luoghi non adeguati, sia con stufe a legna". Il 118 ha portato in ospedale, al centro ustionati di Niguarda, una donna di 21 anni e un uomo di età imprecisata, mentre un altro ventenne ha rifiutato le cure.

Il timore dello sgombero E' lo sgombero ora il timore più grande della piccola comunità rom. "Ora ci sgombereranno, e dovremo trovarci un altro posto, io è la quarta volta in sette mesi che devo tirare su tutte le mie cose e ripartire". A raccontare la sua odissea è Jan, 26 anni, rom romeno del campo, che lavora come operaio edile specializzato in vari cantieri e, come spesso accade, "pagato la metà degli italiani". "Sette mesi fa questo gruppo di rom era insediato dietro il carcere Beccaria in zona Bisceglie - racconta - poi è stato sgomberato ed è finito qui, dove sono state ricostruite le baracche". "Alcuni di noi vengono anche da Triboniano - dice ancora - dove sono stati allontanati, non so perchè. So però che lì quattro bambini andavano a scuola, e ora qui no".

E non perché non vorrebbero tornarci, secondo i rom di via Caio Mario, ma perchè "il pulmino non li viene a prendere, qui e non riusciamo a lavarli bene per la scarsità d’acqua".

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