Economia

Fiat, Spina: "Spin off? Progetto ambizioso"

Il direttore del Mip del Politecnico di Milano: "La Fiat da sola non è mai stata un’azienda realmente globale e non sarebbe stata in grado di diventarlo senza un’aggregazione importante come quella con Chrysler"

Fiat, Spina: "Spin off? Progetto ambizioso"

Milano - "Marchionne pensa che nell’auto non ci sia futuro per aziende che non siano globali. E ha ragione". Secondo Gianluca Spina, direttore del Mip del Politecnico, "la Fiat da sola non è mai stata un’azienda realmente globale e non sarebbe stata in grado di diventarlo senza un’aggregazione importante come quella con Chrysler. Per procedere all’integrazione e poi alla fusione con Chrysler lo scorporo dell’auto è ovviamente una mossa necessaria".

Dottor Spina, quali sono i vantaggi dello spin-off per il Lingotto e come si colloca a livello internazionale?
"Il progetto del gruppo globale è ambizioso, e inizialmente è stato anche giudicato con scetticismo da molti. Oggi è molto più concreto e se ne vedono già i primi frutti. Penso ad esempio alla produzione della 500 in Messico destinata al mercato americano e brasiliano. Sullo sfondo rimane una debolezza che andrà prima o poi affrontata con altre alleanze: anche Fiat-Chrysler non è ancora un gruppo realmente globale ma piuttosto Euro-Americano, essendo ancora marginale la sua presenza in Asia."

Cosa cambierà nella produzione?
"Cambia tutto. Un gruppo globale necessariamente localizza la produzione là dove le condizioni sono più favorevoli. Favorevoli non significa solo dove i costi sono più bassi. Ma anche dove gli standard qualitativi sono migliori, dove il mercato e i volumi giustificano gli investimenti e infine, ma certo non meno importante, dove il contesto socio-economico e degli incentivi fiscali è più favorevole. La Fiat è già oggi molto meno vincolata al contesto italiano di quanto non fosse in passato. E lo sarà sempre di più."

Ci saranno cambiamenti occupazionali?
"Difficile dirlo. La decisione di riportare la Panda a Pomigliano lascia ben sperare e per il momento salva una parte importante dell’occupazione Fiat nel Paese. Io credo che nel lungo termine la partita sia aperta. Non è impossibile produrre buone auto nei paesi ad alto costo del lavoro, basta pensare alla Germania. Certo occorre che siano garantiti gli standard qualitativi e una relativa pace sociale negli stabilimenti. Altrimenti l’occupazione Fiat in Italia inevitabilmente si calerà ancora."

Una volta usciti definitivamente dalla crisi, si può sperare in un mercato dell'auto non legato agli incentivi statali?
"Certo che si. Ma attenzione, non facciamo della falsa ideologia. Non è forse vero che, nel momento in cui la spaventosa crisi del 2008 e 2009 ha travolto l’auto in tutto il mondo, Renault, General Motors ed Opel (solo per fare tre esempi che valgono per tutti) sono andati più che mai sulle spalle dei contribuenti francesi, americani e tedeschi? Bisogna essere coerenti. La Fiat ha preso tanto da questo Paese ma anche dato tantissimo. Se il Paese diventa insofferente al sostegno anche economico nei momenti di difficoltà, poi non si può lamentare se l’azienda se ne va e si comporta come una multinazionale senza patria. Credo sia saggio trovare una strada mediana.

Accettare una Fiat un po’ meno italiana ma comunque ancora fortemente radicata nel Paese e, d’altra parte, aiutarla e sostenerla, ma senza esagerare."

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