Cultura e Spettacoli

Fiches, libri e teatro Quando il Casinò scommetteva sulla cultura

Dalla casa da gioco di Sanremo sono passati Duse, Mascagni, De Filippo, Ella Fitzgerald... E grandi scrittori, da Landolfi a Chiara e Soldati, che amavano le carte. In tutti i sensi

Fiches, libri e teatro Quando il Casinò scommetteva sulla cultura

Faites vos jeux, faites vos jeux, Mesdames et Messieurs .

Giochi, madame , signore, gran Signori: teste coronate, nobili, capitani d'industria, Cavalieri, nouveaux riches e cumenda . Ma anche (e ciò sembrerebbe cosa strana) pittori, registi, uomini di teatro, donne di avanspettacolo, romanzieri, poeti, filosofi e grandi penne del giornalismo.

Sembrerebbe cosa strana ma al Casinò di Sanremo, tempio del gioco e casa delle arti, per sfogare il gusto del gioco e manifestare il talento dell'arte, sono passati moltissimi nomi letterari nei suoi cento e dieci anni di vita esatti. A proposito, auguri. Quando i casinò, che oggi fanno debiti, facevano cultura.

Luigi De Santis, biscazziere di prim'ordine e intellettuale di complemento che dal 1927 al 1934 diresse il Casinò, così scriveva sulla rivista della maison , dal titolo stendhaliano Rosso e Nero : «Io sono innamorato delle arti, e come tale le perseguo e mi adopero con ogni mezzo per farle rifulgere...». E a chi male guardava il traffico di vizio e denaro che attraversava i saloni liberty della grande villa sopra corso Matteotti, il patron del Casinò rispondeva: «Io ho voluto conferire nobiltà alle fonti stesse del nostro guadagno: servirmi di gran parte di esso in favore di ideali artistici cui troppo frequentemente mancano adeguate risorse...». Un secolo fa il De Santis, manager e mecenate, aveva capito - lezione purtroppo dimenticata - che i soldi di un casinò devono produrre anche arte, per farlo sopravvivere.

E che Sanremo non può vivere solo di gioco, clima mite e canzonette.

Art Nouveau, fiches , mondanità e filosofiche conversazioni. Il sistema perfetto per vincere. Non solo al tavolo da gioco.

Edificio liberty firmato dall'architetto francese Eugène Ferret, nato come Kursaal e diventato presto emblema della Sanremo della Belle Époque, il Casinò inaugurò nel 1905, e la sera in cui spalancò per la prima volta i battenti dei suoi saloni, mentre sui tappeti verdi senza alcuna autorizzazione ufficiale scivolavano le prime puntate, nel Giardino d'Inverno cominciava la rappresentazione della Lakmé , opera lirica di Léo Delibes. Fin da allora la «casa» scommetteva sull'arte. E il banco, come è noto, vince sempre.

Nei primi anni, quando il gioco era solo tollerato, il casinò - centro di intrattenimento e mondanità per i numerosi e danarosi europei che venivano a svernare in Riviera - offriva teatro, balli e carnevali. E per svagare la comunità d'élite che adorava l'Italia e parlava straniero, dal teatro del casinò passarono la Duse, De Filippo e Mascagni che qui ebbero le loro «prime», il trasformista Leopoldo Fregoli che fece il tutto esaurito per una settimana di fila: Fregoli au Casino Municipale! strillano i manifesti in francese, per rubare pubblico alla Côte d'Azur. Luigi Pirandello diventa nel 1930 il direttore artistico del Teatro dell'Opera. E negli anni Trenta - quando la cittadina è proclamata «capitale europea della cultura» - impazzano i «Lunedì Letterari» curati dal poeta Luigi Pastonchi, un salotto culturale con i più famosi intellettuali dell'epoca: Sem Benelli, Renato Simoni, Giovanni Gentile, Margherita Sarfatti, Vittorio Beonio Brocchieri, Giuseppe Tucci, Giovanni Papini, gli ambasciatori di Germania e d'America, Von Hassel e la Garret, mentre a dirigere l'orchestra sinfonica arrivano Votto, Zandonai, Hans Bernstein...

Poi con regio decreto del 22 dicembre 1927 (capo del governo Benito Mussolini) che sancisce legalmente il gioco d'azzardo, ecco l'età d'oro delle palline d'avorio. E della roulette, e del baccarat, e della telesina. Che la guerra interromperà solo per una mano. Dagli anni Cinquanta è il momento dei Faruk e dei capitani d'industria, dei Rizzoli, dei Borghi che qui lasciavano fortune e sfortune, degli uomini del cinema come Vittorio De Sica. E degli scrittori come Tommaso Landolfi, che appassionatamente amava Sanremo, il clima e le sue sale, e che qui, «nella bella e avoriale costruzione del più rigoroso stile casinò» ambientò più di un suo racconto. Arte, libri e chemin de fer . I croupier raccolgono denaro, i direttori finanziano cultura. Al Blackjack e ai nuovi giochi si alternano mostre, convegni, balletti.

Il 29 gennaio 1951 il Salone delle feste del Casinò - quando la gloria del Teatro Ariston è di là da venire - tiene a battesimo il Festival della canzone italiana, che qui resterà fino al 1976. Che anni! Tra il novembre 1960 e il settembre 1961 la casa da gioco di Sanremo, campione d'Europa, incassa quanto i tre maggiori casinò della Costa Azzurra messi insieme. E intanto il Festival del jazz miete successi: la sera carica di swing del 17 febbraio 1960 con Ella Fitzgerald entrò nelle cronache mondane internazionali. Mentre il galà Bianco e nero del 18 gennaio 1962 con Josephine Baker finì nella leggenda.

Ci sarà una ragione per cui il casinò di Sanremo è detto «la bisca della cultura»?

La prima rivista della maison si chiamava Rosso e Nero . La seconda, diretta dallo scrittore di racconti formidabili, impenitente casanova e formidabile giocatore di carte Piero Chiara, si chiamò Il Biribissi , che è una sorta di lotteria alla quale giocava già Casanova. Era il 1981. E l'anno successivo, voluti e organizzati per trent'anni dall'infaticabile Ito Ruscigni, «capo-cassiere» culturale della casa, nascono i «Martedì letterari». E qualcosa di simile cominciò a fare, con minor successo, anche l'Odeon di Parigi. Mentre in sala entravano per la prima volta le slot machines, nel teatro da 400 posti sfilano, per conferenze affollatissime, i grand commis della cultura italiana: Zavoli, Bo, Soldati, Abbagnano, Severino, Gassman, Musatti, Arpino, Geymonat, la coppia imbattibile Mario Cervi e Indro Montanelli.

Una potentissima macchina culturale pagata dalle roulette. Immaginiamo che cosa potrebbero finanziare i video poker.

I «Martedì», alla fine, conteranno oltre mille incontri. Lasciando un archivio intoccato di nastri registrati. In uno è incisa questa frase del vecchio Indro, 22 maggio 1990: «... c'è il pericolo che nasca questo razzismo se si continua ad aprire le porte indiscriminatamente a una alluvione di gente che noi possiamo anche benissimo assimilare, purché ci venga propinata in dosi tali che i nostri succhi gastrici siano in condizione di assimilarla...». Come passa, tornando sempre uguale, il tempo...

Paul Valéry, ospite degli incontri letterari dell'epoca, scriveva a un amico: «Venendo a Sanremo vi ho scoperto un'atmosfera di spiritualità e di bellezza e di uomini e cose che non avrei mai immaginato di trovare intorno a un casinò». Quando non c'era l'Hold'em Poker, la vita era più mondana e la roulette non ancora online .

Rien ne va plus .

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