Domani accadde

Alla fine il "cobra fumò" e il Brasiliani dichiarò guerra all'Asse

Il 22 agosto '44 Rio entrò inaspettatamente nel conflitto, inviando in Italia 25 mila soldati. «Più facile che un serpente fumi che noi combattiamo» aveva detto poco prima il presidente Vargas. Invece «A cobra fumou» e i brasiliani si batterono splendidamente, subendo pesanti perdite. Come testimonia il sacrario di Pistoia dedicato ai loro 2.500 caduti

Alla fine il "cobra fumò" e il Brasiliani dichiarò guerra all'Asse

Brasiliani in Italia nel '44, ma non per giocare a calcio ballare il samba, bensì per combattere. E anche con un alto senso del dovere, visto che subirono consistenti perdite e nel contempo inflissero dure sconfitte agli italotedeschi. Uno sforzo iniziato il 22 agosto 1942 con la dichiarazione di guerra all'Asse, evento fino a quel momento considerato impossibile, tanto che lo stesso presidente brasiliano aveva spesso dichiarato «È più facile che un cobra fumi che il Brasile entri in guerra». Con grande senso dell'umorismo, il corpo di spedizione brasiliano adottò poi come motto «Il cobra fuma» e come distintivo un serpente con una pipa in bocca.

La partecipazione al Brasile al II Conflitto è rimasta sempre nelle pieghe della storia perché, al di là del coraggio dimostrato dai suoi soldati, non si può certo dire abbia cambiato le sorti della guerra. Il Brasile infatti entrò in guerra nell'estate del 1942 ma ci mise ben due anni per preparare la sua Força Expedicionária Brasileira, composta da 25mila uomini. Nonostante il presidente Getúlio Dornelles Vargas avesse continuato a ripetere: «Mais fácil uma cobra fumar do que o Brasil entrar na guerra».

Nel frattempo però il Paese aveva iniziato a sostenere lo sforzo bellico americano, concedendo agli Stati Uniti l'isola di Fernando de Noronha e la costa nord-orientale per il rifornimento delle loro basi militari. Inoltre aveva iniziato a mandare armi, attrezzature, materie prime e generi alimentari alla Gran Bretagna, esponendosi alla rappresaglia dei sommergibili tedeschi. Dopo diversi affondamenti nell'oceano Pacifico, con sensibili perdite umane, Vergas decise che il cobra poteva iniziare a fumare e il 22 agosto dichiarò guerra all'Asse.

L'impegno non fu immediato, il Brasile non era assolutamente pronto per affrontare un guerra moderna e l'addestramento dei suoi soldati a nuove armi e strategie durò ben due anni. Solo il 2 luglio 1944 un primo scaglione della Feb potè sbarcare a Napoli, al comando del generale João Batista Mascarenhas de Morais. Sulla divisa un serpente con la pipa in bocca e sotto il motto «A cobra fumou». Le prime settimane furono usate per acclimatarsi e per completare la formazione necessaria sotto la supervisione del comando statunitense, al quale la Força era subordinata. I 25mila soldati brasiliani infatti furono incorporati nella V Armata agli ordini del generale Mark Wayne Clark, già una babele di lingue e razze. Oltre a loro infatti c'erano le truppe della 92ª divisione, formate da discendenti di africani e giapponesi, antifascisti italiani, polacchi, cechi e greci più le truppe coloniali britanniche (canadesi, neozelandesi, australiani, sudafricani, indiani, kenioti, ebrei ed arabi) e francesi (marocchini, algerini e senegalesi).

I brasiliani ebbero il loro battesimo del fuoco a settembre, nella valle del fiume Serchio, a nord di Lucca dove riportarono significate vittorie, conquistando Massarosa, Camaiore e Monte Prana. Dimostrarono poi grande forza morale tenendo le posizioni sugli Appenni nonostante i continui contrattacchi degli italotedeschi. E le durissime condizioni di quel rigido inverno, con neve e temperature sotto i 20 gradi sotto zero. Nella primavera del 1945 riprese l'offensiva alleata, con l'avanzata in territorio emiliano a cui i brasiliani diedero un contributo fondamentale conquistando Monte Castello, Castelnuovo e Montese. Le posizioni conquistate liberarono dal fuoco di artiglieria le forze britanniche che poterono così spostarsi sopra Bologna e rompere la Linea Gotica. A Fornovo di Taro, con una manovra perfetta e una mossa audace del suo comandante, pur in inferiorità numerica, la Força costrinse alla resa la 148ª divisione di fanteria tedesca e i resti della divisione bersaglieri, impedendo loro di unirsi alle altre unità destinate a contrattaccare la V armata americana in Liguria. La Feb concluse le sue operazioni liberando Torino e quindi Susa il 2 maggio 1945.

Alla fine delle ostilità la divisione brasiliana aveva catturato più di 20.000 soldati nemici, 15.000 solo a Fornovo di Taro, 80 cannoni, 1.5000 veicoli e 4.000 cavalli. Uno sforzo che causò 2.500 caduti: 500 tra uccisi e dispersi in combattimento, 2.000 in seguito alle lesioni riportate in battaglia. Pochi in termini assoluti, moltissimi se ci calcola che rappresentavano il 10 per cento degli effettivi. A testimonianza della loro impegno restano lapidi e monumenti in Toscana ed Emilia, tra cui il sacrario di San Rocco di Pistoia, dove inizialmente furono sepolte 462 salme. Il Governo nel 1960 dispose il loro trasferimento al Monumento nazionale ai caduti della II Guerra mondiale di Rio de Janeiro.

Ma nel 1967 venne casualmente rinvenuto un ultimo corpo che non fu possibile identificare e perciò rimase in Toscana, come milite ignoto, a perenne ricordo del sacrificio dei soldati brasiliani in Italia.

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