Roma

Tra finzione e cruda realtà le foto a contrasto di Banier

Tra finzione e cruda realtà le foto a contrasto di Banier

Michele Greco

Una strana coincidenza di tempi e di fatti ci porta a riflettere sulle immagini fotografiche di Francois-Marie Banier, esposte a Villa Medici, e sui disordini di questi giorni a Parigi. Mondi che si confrontano per l’obiettiva condizione di disagio nel quale vivono.
Da un lato, nelle immagini di Banier, lo scatto si sofferma sulla povertà quotidiana, quella che vive silenziosa a Parigi; dall’altro si rende evidente il disagio di più d’una comunità immigrata che si vede costretta a vivere in condizioni di estremo disagio e discriminazione. Sono indubbiamente due fenomeni diversi che si riscontrano anche in tante altre città europee che non riescono a integrare gli immigrati sempre più in crescita nei paesi occidentali. L’inasprirsi della situazione parigina rende ancor più interessante e attuale l’occhio fotografico di Banier che mette a fuoco contrasti di vita troppo spesso passati inosservati. Inosservata comunque è anche la povertà di casa nostra che convive, non sempre dignitosa, con il reale o apparente benessere di zone che si distinguono per l’alto livello di consumo e per l’arte storica e monumentale. È a Campo dei Fiori, a piazza Navona, a piazza di Spagna, a Fontana di Trevi, ai Fori Imperiali che si concentra la ricerca spasmodica della povertà; questa, giustamente, chiede comprensione e carità lì dove vi è più ricchezza.
Il sindaco di Roma intanto, rendendosi conto che «i panni sporchi si lavano in famiglia» e che la povertà va nascosta, che certi contrasti con le bellezze di Roma non devono essere evidenziati (perchè allontanerebbero un “ricco” turismo tradizionale) sfratta gli artisti di strada.
Il contrasto è evidente nello stesso modo in cui a Villa Medici, Francois-Marie Banier lo rende nelle immagini di «Perdre la tête», che passano dalla espressione del viso di un povero di Saint Germain a quella in posa di un famoso attore. Verità e finzione a confronto.

Un’esposizione che non ci dice nulla di nuovo, se non fosse per una serie di fotogrammi che l’artista francese ha manomesso con una sovrapposizione grafica, letteraria, composta in modo tale da apparire come composizione materiale della stessa immagine.

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