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A Firenze il vero lusso è la sostenibilità E Ferragamo lo mostra

Il progetto «Sustainable Thinking» nei musei della maison, del Novecento e Palazzo Vecchio

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Firenze «L'industria della moda produce più gas serra di tutti gli spostamenti aerei e navali del mondo oltre a essere responsabile del 20 per cento dello spreco globale di acqua e del 10 per cento delle emissioni di anidride carbonica». Lo dice un drammatico report stilato dalla Commissione Economica per l'Europa delle Nazioni Unite che ha messo in moto molte coscienze nell'ambiente. Tra i primi spicca il Gruppo Ferragamo che dal 2014 vanta un bilancio aziendale di sostenibilità e che ha appena reso possibile Sustainable Thinking, uno straordinario progetto espositivo in più sedi museali di Firenze: Museo Ferragamo, Museo Novecento e Museo di Palazzo Vecchio. Nata da un'idea di Stefania Ricci (direttrice del Museo e della Fondazione Ferragamo) la mostra durerà quasi un anno (da ieri all'8 marzo 2020) aprendo le porte della percezione su un problema cruciale del nostro tempo ma anche su alcune brillanti soluzioni. Del resto la filosofia orientale dice che se incontri una difficoltà, incontri un maestro e lo stesso Salvatore Ferragamo l'ha dimostrato creando in tempo di guerra sublimi scarpe con suole e tacchi di sughero mentre per le tomaie usava di tutto: la carta delle caramelle, il filo di nylon da pesca, la fibra di ortica oppure la pelle di dentice. Questi storici modelli completamente sostenibili sono esposti in una delle stanze del Museo dove è stato riprodotto in sedicesimo il gigantesco archivio Ferragamo. «Sono pietre miliari della moda» dice Stefania Ricci accompagnandoci poi nel mondo del nuovo che riflette e trasforma le reti da pesca di plastica in piumini (Ecoalf) le coste dei libri e gli scarti editoriali in un poetico cappotto (Bethany Williams), le bucce d'arancio e quelle di mela in tessuto. C'è una stanza chiamata Intrecci in cui l'artista Paola Anzichè t'invita a «vedere con la mente e a toccare con gli occhi» che le fibre di banana sono naturalmente cangianti e che il sughero sembra pelle. Poi c'è l'indimenticabile abito da sera di Stella Jean in viscosa italiana bianca con un gigantesco pappagallo dipinto e ricamato a mano dall'artista Ambra Lucidi: un prodotto 100x100 made in Italy da parte della designer che usa la produzione delle sue collezioni in giro per il mondo come strumento di riscatto per le donne più povere del pianeta. Meraviglioso anche il vestito di Silvia Heisel chiamato Names Gown perchè riproduce i nomi di tutte le donne che hanno realizzato studi e scoperte scientifiche. Il tutto creato con la stampante 3D Ultimarker in WillowFlex, un elastomero bioplastico ottenuto da materie prime compostabili. Il cruciale tema dell'acqua viene meravigliosamente affrontato nel Museo Novecento (fino al 4 luglio) con un'installazione del duo di artisti Lucy + Jorge Orta autori anche della magnifica scultura Life Guard Amazzonia collocata all'ultimo piano, al centro dell'esposizione permanente. Al piano terra il direttore Sergio Risaliti ha creato un percorso didattico sul lavoro di Baubotanik, il duo di architetti tedeschi che costruiscono con la natura vivente: l'albero che diventa casa ma non viene abbattuto per costruire un parquet.

Lucy + Jorge Orta tornano in scena a Palazzo Vecchio, ma qui è un po' più difficile preoccuparsi del futuro: era talmente bello quel passato chiamato Rinascimento che rinunceremmo subito al presente.

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