Cultura e Spettacoli

Un folle barbone si riprende in mano la vita

«Slumming» dell’austriaco Michael Glawogger racconta l’incontro tra un povero clochard e due ricchi e annoiati adescatori di ragazzine

Salvatore Trapani

da Berlino

Sono sempre più rari i film capaci di coniugare agilità di narrazione a uno spessore quasi mistico come fa Slumming (Inverno a Vienna), in concorso, dell’austriaco Michael Glawogger. La storia di un folle e saggio barbone (Paulus Manker) che tra i fumi dell’alcol urla al mondo poesie intrise di rabbia e malessere. Una figura persa ma eroica cui si contrappone la piccolezza di due annoiati borghesi, adescatori di ragazze sui siti internet per cuori solitari, col fine di fotografare col telefonino nascosto sotto il tavolo le loro mutandine. Una notte, i due s’imbattono nel protagonista accasciato e privo di sensi su una panchina della stazione, e caricato di peso nel cofano della macchina lo abbandonano in una sperduta cittadina della Repubblica Ceca. Ma non tutto è perduto: il risveglio angosciato in un luogo sconosciuto e la disperata ricerca della via per casa, saranno genesi di un suo felice ritorno alla vita sociale. Ben diverso sarà il destino degli altri due protagonisti: uno resta invischiato nei soliti giochetti infantili, l’altro - abbandonato dalla propria donna - migra a Giacarta per sfuggire a un passato di banali errori verso un futuro alla deriva, come un barbone... E tra disperazione e redenzione oscilla un altro film in concorso, il danese An Soap (Un sapone) di Pernille Fischer Christensen. Una storia d’amicizia e d’amore tra un travestito (David Dencik) e la sua vicina di casa (Trine Dyrholm). Il film si ispira alla tipica soap opera americana, ma più del romanticismo e della leggerezza a prevalere qui è la schizofrenia delle due protagoniste incapaci di mettere ordine nelle proprie esistenze. Tenerezza naïf e spietato disincanto sembrano cifra di ogni pellicola danese, come in questa per la quale sarebbe facile l’accostamento al segno di Lars von Trier. Ma proprio tali costanti tra storie e registi tanto differenti iniziano a porre il dubbio della paternità: è Lars von Trier a aver inventato un genere, divenuto poi nazionale o è stato semplicemente il primo a esportarlo? L’aura gay inserisce An Soap anche nel filone omosessuale della Berlinale con il Teddy Award, il premio al film gay preferito dal pubblico. Tra i più celebri registi premiati nella passate edizioni si ricordano François Ozon e Pedro Almodóvar. Quest’anno il concorso ne presenterà ancora uno, Capote di Bennet Miller.

Marlene Dietrich ha detto: «Amo Berlino, perché è piena di uomini e gay».

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