Cronaca locale

La Fondazione Prada compie dieci anni e cerca spazio per i «lavori impossibili»

I dieci anni di vita della Fondazione Prada sono l'occasione per Germano Celant, direttore artistico, di presentare il programma della stagione, ma anche per tirare le somme di un'istituzione importante nel panorama culturale milanese e internazionale. Con l'unico contributo della famiglia Prada, in totale autonomia dalla società Prada, sono state negli anni realizzate 21 mostre di grande respiro dedicate tra gli altri a Mariko Mori, Laurie Anderson, Giulio Paolini, Enrico Castellani, Francesco Vezzoli, Anish Kapoor, Walter De Maria. E poi 27 pubblicazioni di arte e architettura, incontri di filosofia, 3 rassegne cinematografiche, senza contare le mostre presso sedi estere e le attività esterne alla fondazione milanese, come la cattedra di filosofia estetica presso l'università del San Raffaele. Un elenco corposo, che poche istituzioni italiane hanno collezionato in un decennio. Soprattutto la grande diversità tra un museo e la Fondazione, sottolinea Celant, è stata sempre quella di offrire agli artisti la possibilità di realizzare il proprio sogno impossibile, con operazioni utopiche di grande impegno per dimensioni, tecniche di realizzazione, tempi di realizzazione. Sarà così anche per la prossima mostra di Thobia Reheberger, artista tedesco che presenterà in aprile il progetto cinematografico On Otto. Celant non vuole anticipare troppo, si sbilancia solo dicendo che sarà il cinema a rovescio, un mosaico, un'atomizzazione del cinema che ognuno ricomporrà o «monterà» intellettualmente. Un progetto in cui anche il contenitore sarà disegnato dall'artista, in un'osmosi tra architettura e cinema. È il cinema del resto il grande protagonista della stagione che dal il 1 al 4 febbraio con la «Storia Segreta del Cinema Russo» dedicata ai cineasti di quella realtà e alle loro opere rimaste invisibili o ritornate tali. Il decennio trascorso ha anche prodotto una gran quantità di opere in magazzino, i «lavori impossibili» sono diventati infatti parte della collezione Prada ma sono di difficile esposizione permanente, lo spazio di via Fogazzaro non è né tende a diventare un museo. Ma i tempi necessitano di cambi di marcia, si sente la necessità di mettere quel patrimonio a disposizione della città. Con quali modalità è la domanda che non ha ancora trovato una risposta, ma Celant, da grande esploratore del mondo contemporaneo sa che non è il «pubblico» che può darla. «Il contemporaneo è una realtà che ognuno alla fine risolve da solo. Del resto l'unico progetto pubblico che la Fondazione abbia mai concepito è in stallo da 8 anni. Siamo propositivi nel dialogo con la nuova amministrazione, ma per adesso rimaniamo autonomi, ci sentiamo unici rispetto alle altre 100 fondazioni cittadine. Siamo coscienti della situazione, stiamo solo riflettendo su come utilizzare al meglio e in modo pubblico il nostro grande patrimonio artistico che avrebbe bisogno di circa 15.

000 mq di spazi espositivi».

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