Economia

Un Fondo per fare grandi le piccole imprese

«Oggi per la mia agenda era una giornata complicata. Potrei dire che passavo di qua per caso e ho visto un po’ di gente...» Giulio Tremonti ha iniziato così come gli succede peraltro da un po’ di tempo, con una battuta di quelle buttate lì per sdrammatizzare e per evitare al tempo stesso di essere tirato dentro i temi più sdrucciolevoli della politica italiana, il suo intervento al convegno organizzato all’Assolombarda di Milano per presentare il nuovo Fondo d’investimento dedicato a un target di 15mila piccole e medie imprese italiane (10mila delle quali del settore manifatturiero) con un fatturato tra i 10 e i 100 milioni di euro.
Intercettato sulla via di Bruxelles, dove oggi «ci sarà una discussione molto impegnativa sull’euro e, quindi, anche sull’Italia», nel suo intervento lampo il ministro ha comunque speso parole convinte a sostegno di questo Fondo destinato a finanziare, tramite l’ingresso nel capitale, quelle società dello stesso settore che hanno in animo di fondersi per competere con spalle più solide sui mercati. Per crescere di dimensione, insomma.
Si tratta di «un meccanismo a complessa orologeria», lo ha definito Tremonti, «che creerà lavoro e solidità per le nostre imprese» e la cui importanza consiste nel fatto di essere nato «da una iniziativa del ministero dell’Economia condivisa insieme con l’industria privata e le banche. È il più grande fondo italiano e serve per conservare il lavoro in Italia e per far crescere dimensionalmente le imprese nazionali, spesso troppo piccole per poter competere in un mondo dove la lotta è invece tra giganti», ha ricordato il ministro.
Tremonti ha sottolineato poi molto soddisfatto come i tempi di realizzazione del fondo stesso (parte con una raccolta di 1,2 miliardi di euro, ma punta a raddoppiare a quota 3) siano stati molto oggettivamente e altrettanto positivamente poco italiani. «L’idea è dell’ottobre dell’anno scorso e la società è stata costituita a marzo - ha ricordato il ministro -. In agosto c’è stata l’autorizzazione da parte di Bankitalia e in questi giorni ci è giunta notizia che l’iniziativa viene copiata anche nel Regno Unito. Peccato che ci siamo dimenticati di passare anche dall’Ufficio Brevetti, perché avremmo potuto chiedere le royalties agli inglesi».
Nel capitale del Fondo sono presenti le tre maggiori banche italiane (Unicredit, Intesa Sanpaolo e Montepaschi), la Cassa depositi e prestiti e l’Istituto centrale delle Popolari italiane mettendo insieme capitale pubblico e capitale privato attraverso i sistemi industriale e creditizio. «É uno dei rari esempi - ha sottolineato il presidente dell’Abi, Giuseppe Mussari -in cui delle cose diverse si mettono assieme e riescono a trovare una soluzione» ma «c’è sul tappeto sempre il tema della crescita e della produttività, due temi che sono assolutamente necessari per il paese».


Il fondo «è uno strumento anche di politica industriale ed economica - ha affermato Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria - nato per la crisi e che rimarrà anche dopo la crisi».

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