Cultura e Spettacoli

FUORI DALLA NOTIZIA - Gli zombies in laboratorio non sono a loro agio

Le notizie non muoiono sulla carta,
né nell'etere, né in Rete. Sopravvivono altrove.
Dove, non si sa. Proviamo a immaginarlo.

Le notizie non muoiono sulla carta, né nell'etere, né in Rete. Sopravvivono altrove. Dove, non si sa. Proviamo a immaginarlo.

La notizia. Se gli zombie esistessero davvero sarebbe un grosso guaio per l'umanità. Un loro attacco, infatti, provocherebbe rapidamente la fine della nostra civiltà a meno che l'uomo non organizzasse un'immediata e feroce rappresaglia. A delineare tale scenario non è la fantascienza, bensì uno studio elaborato da matematici canadesi dell'università di Ottawa e di Carleton. Che nell'immaginare una battaglia tra zombie e umani hanno voluto in realtà studiare l'evoluzione di un'epidemia dagli effetti letali.
La ricerca non è dunque frutto di eccessivo tempo libero degli scienziati canadesi. Gli studiosi affermano infatti che l'esercizio da loro formulato potrebbe aiutare a comprendere la diffusione tra gli umani di una malattia sconosciuta. Neil Ferguson, professore all'Imperial College di Londra, nonché consulente del governo per quanto riguarda la diffusione dell'influenza suina, ha in effetti ravvisato similitudini tra lo studio canadese e l'evoluzione di certe malattie. «Nessuna di queste - ha detto - causa morti su vasta scala, ma ci sono certi funghi che risultano molto difficili da sradicare».
Certo, tra un fungo e i cadaveri che riemergono dalle tombe c'è una bella differenza. Anche perché vi sono zombie e zombie: quelli lenti e poco intelligenti che popolano i film firmati da George Romero, e quelli più moderni, agili e implacabili, presenti in «Io sono leggenda» (sia il romanzo di Richard Matheson, datato 1956, sia il film diretto da Francis Lawrence nel 2007). Per dare una chance all'umanità i canadesi hanno preferito usare il primo tipo. «Abbiamo ricreato l'attacco degli zombie creando un modello basato sulle nozioni biologiche immaginate nei film di genere», spiega il professor Robert Smith? alla BBC \.
«Una volta creato il modello - prosegue Smith?, che sul sito dell'università spiega di aver aggiunto il punto interrogativo al suo cognome per differenziarsi dal cantante del gruppo «The Cure» - osserviamo il risultato con soluzioni numeriche». «Quando si cerca di mappare una malattia sconosciuta - dice Smith? alla BBC - si prova a capire che cosa sta succedendo, si va per approssimazione. Poi si torna indietro e si riprova». Risultato? L'unica speranza per l'umanità, in caso di attacco degli zombie, è di colpire i non-morti «duramente e spesso». «È fondamentale - conclude lo studio pubblicato nel saggio «Infectious Diseases Modelling Research Progress» - che il problema degli zombie sia risolto in fretta, altrimenti ci troveremo tutti nei guai». Inutile quindi catturare i non-morti e cercare una cura: l'unica soluzione è non mostrare nessuna pietà. In caso di guerra le «colombe» si mettano dunque il cuore in pace: ne va della vita. (fonte: Ansa, 18 agosto 2009).

Fuori dalla notizia. Vibrata protesta del Movimento italiano zombies dopo le notizie diffuse pochi giorni fa da agenzie di stampa in merito ad alcuni studi effettuati da matematici canadesi, ritenute «pesantemente diffamatorie per la categoria».
I morti viventi italiani, si legge in una nota diffusa ieri in nottata dal Moizo, «diffidano chicchessia dal fare riferimento, a fini scientifici, a leggende alimentate dalla letteratura e dal cinema, del tutto prive di ogni fondamento e gravemente lesive del buon nome dei nostri associati. Noi siamo un gruppo assolutamente pacifico. E la storia depone a nostro favore. In Italia non si è mai verificato un caso di aggressione a viventi da parte di uno di noi. Pero...

vedete di non farci arrabbiare».

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