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Gabbie salariali, Pdl diviso. Contrari i sindacati

Sacconi rilancia la proposta leghista: "Promuovere il decentramento della contrattazione". Calderoli sgombra il campo da qualsiasi equivoco: "E' un discorso di contrattazione, no alle gabbie salariali". Ma Franceschini frena: "Così si torna indietro". Secco no di Confindustria: "Salari legati alle realtà aziendali". La Cgia: "Al Nord redditi +30%"

Gabbie salariali, Pdl diviso. Contrari i sindacati

Roma - Il governo non vuole ripristinare le gabbie salariali ma "promuovere il decentramento della contrattazione". Il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, rilancia la richiesta della Lega Nord di ancorare al costo della vita il livello dei salari, dopo che uno studio di Bankitalia ha messo in evidenza le differenze tra Nord e Sud nel livello di inflazione. Lo stesso ministro per la Semplificazione normativa, Roberto Calderoli, spazza il campo da ogni possibile equivoco: "Se noi ci impegniamo a recuperare il gap infrastrutturale fra nord e sud alla fine della contrattazione dovrà essere diversificato rispetto al territorio". Ma la Cgia di Mestre frena: "Gabbie salariali già realtà. Al Nord il reddito da lavoro dipendente è il 30,3% in più del Sud".

La proposta di Calderoli "Premesso che tra i miei critici c’è tanta confusione, visto che mai ho parlato di gabbie salariali e nessuno ha mai pensato di introdurle per legge, il problema più pressante in questo momento è quello dei sindacati che sembrano non voler collaborare al cambiamento del Paese penalizzando così i lavoratori", spiega Calderoli il cui timore è che "i sindacati vogliano insistere in una battaglia di retroguardia per paura di perdere il loro potere di controllo". "In un paese che marcia verso il federalismo, infatti, dovrebbero passare da una struttura confederale tra soggetti, come quella attuale che è fortemente centralista, a una struttura confederale tra territori. Anche perchè sia nella riforma del federalismo fiscale sia nella riforma Brunetta sono previste contrattazioni locali". La proposta dell'esponente leghista è che "la contrattazione nazionale sulla busta paga sia relativa solo al minimo garantito e che poi abbia un forte peso la contrattazione regionale basata sul potere reale d’acquisto e nel contempo su quella flessibilità indispensabile al mondo delle imprese".

La Russa frena Nonostante l'appoggio di Sacconi, la proposta leghista non piace al ministro della Difesa Ignazio La Russa. "Il tema delle gabbie salariali non è un caso che venga fuori solitamente ad agosto: io penso che non se ne farà nulla, sono suggestioni agostane che lasciano il tempo che trovano", afferma La Russa, a margine dell’avvio dela seconda fase dell’operazione "Strade sicure" a Catania. "Peraltro - aggiunge il titolare della Difesa - io capisco che si vogliano aumentare gli stipendi dove la vita è più cara, non è possibile ma capisco. Ma che significato avrebbe abbassare i salari dove il costo della vita è più basso? Ma sono pazzi...".

I dati della Cgia "Le gabbie salariali sono già realtà". A dirlo è la Cgia di Mestre secondo la quale al Nord il reddito da lavoro dipendente è il 30,3% in più del Sud. Giuseppe Bortolussi cita i dati del Centro studi degli artigiani che ha preso in esame l’imponibile Irpef medio, al netto dei contributi previdenziali di ogni singola regione riferito al 2007. Dal confronto emerge che la differenza di reddito tra regioni è già molto evidente: se in Lombardia nel 2007 era di 22.800 euro in Calabria si ferma a 14.180. Tra i redditi più alti si registrano poi nel Lazio (21.790 euro), in Piemonte (20.710), in Emilia Romagna (20.190), in Liguria (19.820), e in Veneto (19.490). Al Sud, invece, la situazione risulta essere più contenuta. A fronte dei 17.010 euro della Campania, si registrano i 16.480 euro della Sardegna, i 16.190 della Sicilia e i 15.040 della Puglia.

Secco no di Confindustria "Le gabbie salariali non servono, meglio invece i salari differenziati legati alle realtà aziendali del mercato del lavoro". È questa la posizione di Confindustria espressa dal direttore del Centro Studi, Luca Paolazzi, in un’intervista al Messaggero. No, dunque, alla gabbie salariali: "Non vogliamo che la contrattazione sia a livello territoriale ma aziendale dove si forma la dinamica della produttività. Quindi più spazio daremo alla contrattazione aziendale, minori saranno le storture relative al costo della vita", afferma Paolazzi. In sostanza, secondo il direttore del Centro Sudi degli industriali, occorre puntare sul nuovo modello contrattuale per superare le differenze sul costo della vita.

I sindacati si oppongono Al Mezzogiorno non servono bassi salari, ma lavoro e politiche per il lavoro, dice la Cgil, stigmatizzando il rischio di discriminazioni. E' compatto il fronte sindacale nel dire "no" all’ipotesi di introdurre nel Mezzogiorno un meccanismo di adeguamento dei salari al costo della vita. Ipotesi senza senso, dice il leader della Uil, Luigi Angeletti. Una proposta già bocciata dalla storia e non più riproponibile, dice la Cisl. Non bisogna ghettizzare una parte del Paese, dice la leader dell’Ugl Renata Polverini. E quanto ai dati sul costo della vita, anche questi per i sindacati sarebbero stati strumentalizzati: se si fa una analisi più complessiva, dicono, vivere nel meridione non è poi così economicamente vantaggioso. Per Angeletti quella delle gabbie salariali è "un’ipotesi senza senso", di "un’astrattezza incredibile", frutto del dibattito e delle polemiche di un Paese dove la politica dovrebbe "evitare di discutere di soluzioni salariali e di redditi, in modo scollato dal lavoro": il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, sottolinea che "i salari sono le retribuzioni da lavoro. E quando sono scollati dal lavoro non si fanno cose buone. L’ultimo esempio, mi pare, è stato nell’Urss e, mi sembra, con risultati poco brillanti". Piuttosto, prosegue Angeletti, "sarebbe necessario intervenire sulle tasse sul lavoro", mentre in questo caso "hanno ragione gli imprenditori, quelli che danno lavoro, che dicono: lasciateci fare, a noi e ai sindacati". Al Sud serve lavoro "per chiudere e non allargare il divario con il resto del Paese", dice Susanna Camusso, segretaria confederale della Cgil: "Sebbene sia inutile ripetere che chi invoca la discriminazione semina nel Paese divisioni e difficoltà e non certo soluzioni, differenze salariali vi sono già nel Paese".

Franceschini frena Per il leader del Pd, Dario Franceschini, "non si può tornare indietro nel tempo" alle gabbie salariali che comunque, secondo il segretario del Pd, non porterebbero benefici a nessuno, nè ai lavoratori del nord né a quelli del sud. "Oggi il ministro Calderoli ha detto che nessuno pensava alle gabbie salariali - sottolinea Franceschini - forse non gli hanno fatto vedere la Padania di questa mattina che titola in grande che servono le gabbie salariali". Secondo il segretario del Pd non si può tornare indietro nel tempo perché "non è un problema di intervenire con leggi per regolare quello che deve essere regolamentato dalla contrattazione e dalla negoziazione, anche sulla base - ha sottolineato - di nuovi accordi che sono stati fatti e che prevedono uno spazio più ampio per la contrattazione decentrata".

"Se si arrivasse alle gabbie salariali, ma hanno già smentito, bisogna dirlo con chiarezza per strappare via l’ipocrisia - conclude Franceschini - non ci sarebbe un aumento degli stipendi nel nord, che resterebbero fermi, e calerebbero al sud senza benefici per nessuno".

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