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Gemelli e soldati inseparabili in missione

Riccardo e Giuliano Citti sono in forze allo stesso reparto. E all'estero vanno in coppia

Cristina Bassi

S[oldati, alpini, gemelli, inseparabili nelle missioni all'estero. Riccardo e Giuliano Citti, classe '83, sono in forze allo stesso reparto: il Terzo reggimento artiglieria terrestre di Remanzacco, in Friuli. Friulani di nascita e montanari fino al midollo, i due fratelli hanno avuto carriere militari prima divise, poi parallele e che alla fine si sono incrociate. Quasi sovrapposte, visto che commilitoni e superiori faticano spesso a distinguerli.

Riccardo e Giuliano hanno seguito un percorso di formazione simile e in molti casi vengono impiegati insieme. Ecco da dove sono partiti. «Subito dopo la scuola, nel 2002 - spiega Riccardo -, abbiamo fatto entrambi domanda per entrare nell'esercito. Io sono passato, mentre mio fratello no». «È che avevo già la prima morosa ed ero concentrato su altro...», interviene Giuliano. Riprende Riccardo: «Sono entrato negli alpini paracadutisti, in seguito sono stato assegnato al Battaglione di Tolmezzo. Subito mi sono reso conto che quella vita era interessante, piena di opportunità. Ho frequentato tantissimi corsi, sono stato in Afghanistan. In più lavoravo all'aria aperta». Al contrario, Giuliano: «Io invece facevo il magazziniere, non mi piaceva. Vedevo le montagne dalla finestra del capannone. Quindi nel 2007, al limite dell'età consentita, ho ritentato la domanda e sono stato preso». Qui arriva la sorpresa. «Mi mandano a Tolmezzo, dov'era mio fratello - continua Giuliano -, che però in quel periodo si trovava in Kosovo e io non l'ho avvisato. Raggiungo il reparto e mi comporto da nuovo arrivato. Ad esempio, saluto militarmene, come si conviene. Solo che tutti mi incalzavano: Dai Riccardo, non fare lo scemo.... Non credevano che fossi un altro Citti. Per farmi uscire mi chiedevano i documenti». «Io intanto ero in missione - aggiunge Riccardo -, me lo hanno detto i colleghi che in caserma era arrivato lui. Quando sono rientrato e ci hanno visto insieme, lo stupore: «Ma siete due!».

Aneddoti (e battute banali dei commilitoni) a parte, i gemelli Citti lavorano bene in coppia. Stessa divisa, stesso cappello con la penna, stessa corporatura. Anzi, precisano, Giuliano è alto 1,89 mentre Riccardo è 1,90 con qualche chilo in più. E temperamenti opposti: «Caratterialmente siamo il giorno e la notte - dicono -. Però andiamo d'accordo». Condividono, oltre al lavoro, le passioni e gli interessi. Hanno deciso di andare ad abitare nelle Valli del Natisone, vicino al confine con la Slovenia, a dieci minuti di distanza l'uno dall'altro.

Hanno vestito la divisa in età diverse e anche la motivazione è stata differente. Riccardo: «Ho la vocazione del militare da quando ero bambino. Vedevo passare i camion carichi di soldati che si addestravano e per me avevano un enorme fascino. A una settimana dalla fine della scuola con mio padre siamo andati a controllare se era stato pubblicato un qualche bando di reclutamento: c'era e abbiamo presentato la domanda il giorno stesso». Giuliano: «Per me che ci sono arrivato dopo è stato anche più facile. Ed ero più grande, quindi più consapevole. Vedevo mio fratello entusiasta di ciò che faceva, vivevo quell'esperienza attraverso i suoi racconti. Mi scriveva: Oggi faccio sorveglianza in montagna. E pensavo: Sarebbe bello.... L'alpino come prospettiva di vita mi ha conquistato».

Successivamente è subentrata la professionalità. Negli anni i gemelli Citti hanno colto ogni occasione per acquisire nuove qualifiche. Ne hanno una lunga serie. Tra le altre, per il servizio scorte, roccia, sci, di operatore Meteomont (il servizio dell'esercito che monitora neve e valanghe), soccorso piste. «Insieme abbiamo anche partecipato ai Casta per ben sei volte - sottolineano -, i campionati sciistici delle Truppe alpine. Quest'anno nella gara dei plotoni, che è la più dura, abbiamo avuto la possibilità di confrontarci con i militari più giovani. Ci siamo impegnati a motivarli, dimostrando che anche se non siamo più ragazzi, rimaniamo allenati, al passo. È fondamentale essere da stimolo».

Riccardo è stato in missione in Afghanistan nel 2006 e in Kosovo nel 2008. Poi i fratelli sono stati insieme di nuovo in Afghanistan e in Kosovo nel 2010 e nel 2011. Da poco sono rientrati da una missione Nato in Lettonia. In coppia hanno più volte prestato servizio nei Close protection team, le squadre che scortano generali o «vip» civili in zone di guerra. Un compito che richiede una alta specializzazione e che prevede l'azione in contesti a rischio. Uno dei tanti impieghi in cui i gemelli hanno dimostrato di essere una coppia rodata. Non è solo una questione di sincronia perfetta nei movimenti. «Ci capiamo al volo - spiegano ancora -, non c'è bisogno di parlare né di perdere tempo. È tutto già collaudato». Ancora: «Siamo molto competitivi, anche tra di noi. Appena ci siamo ritrovati al reparto, volevamo dimostrare chi fosse il più bravo. Questo ci ha permesso di sfidarci e migliorarci». Racconta Giuliano: «I primi tempi abbiamo partecipato a una gara di tiro e siamo subito saliti sul podio nonostante io fossi appena arrivato. In un'altra occasione, in un'attività di coppia, tutti si sono sorpresi di quanto fossimo coordinati». Da qui i superiori dei soldati gemelli si sono resi conto che insieme funzionano eccome.

Riccardo e Giuliano concludono: «Grazie al nostro reparto che ha avuto fiducia in noi, come singoli e come fratelli, e ci ha permesso di formarci ad alti livelli e di raggiungere obiettivi importanti».

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