Cultura e Spettacoli

Genio e sventura di Solera l'amato librettista di Verdi

Scrittore, poliziotto, impresario: l'avventurosa vita del poeta cui il compositore affidò «Giovanna d'Arco»

Genio e sventura di Solera l'amato librettista di Verdi

P er l'inaugurazione della stagione del Teatro alla Scala torna, centocinquantanni dopo l'ultima ripresa, Giovanna d'Arco, opera in un prologo e tre atti, di Giuseppe Verdi su libretto di Temistocle Solera (1816-1878). La vita avventurosa di questo poeta melodrammatico è degna d'un romanzo d'appendice e merita di essere ricordata. «Di forza erculea, sollevò una volta di peso nella Galleria De Cristoforis, una meraviglia di vetro e ferro che un tempo collegava via Monte Napoleone a corso Vittorio Emanuele II di Milano, un gazzettiere che aveva avuto la malinconia di scrivere contro di lui e lo trasportò col braccio teso, 5 passi lontano». Così lo scrittore Carlo Dossi descrive il fisico poderoso del librettista in una delle sue Note azzurre.

Solera diede a Verdi, prima della Giovanna d'Arco (1845), i libretti degli altri due trionfali pannelli della trilogia «risorgimentale», Nabucco (1842) e I Lombardi alla prima crociata (1843). Oltre alla poesia era ferrato anche in musica: la Scala ospiterà «un'intera opera di Solera, parole e musica, Ildegonda (1840), da una novella di Tommaso Grossi; nonostante la poca sostanza musicale, l'opera piace, anche per la sommaria, ma spesso impetuosa verseggiatura» (Eduardo Rescigno, Vivaverdi, 2012). Ancora al Solera Verdi ricorre per la sua nona opera, Attila (1846), che in un primo tempo aveva pensato di affidare a Piave; ma Solera è una «tempra d'artista più impetuoso e violento» (parole di Verdi), e quindi più adatto a verseggiare «le gesta del flagello di Dio».Ma nell'agosto del 1845, sempre oberato di debiti, Solera abbandona il lavoro su Attila, «chiamato in Spagna dal Maresciallo Narvaez, che gli offrì prima 5.000 poi 10.000 lire per pagare i suoi debiti» (Dossi).

Fece di tutto, soprattutto l'impresario teatrale. «Colà seppe scoprire una congiura contro la regina Isabella e impadronirsi della minuta del proclama del designato successore al trono che cominciava: Essendo a Dio piaciuto di chiamare a sé la santa anima della regina ecc. - Era al pianoforte in una sala del palazzo reale, quando Isabella gli si pose ad un tratto vicino e gli cacciò le lussuriose mani nella toppa de' calzoni. Solera, dopo di ciò, assisteva ai consigli dei Ministri colla regina, la quale, allorché si sentiva assalita dal pizzicore della libidine congedava frettolosamente i ministri per farsi fottere e buggerare nella stessa aula e sul trono dal Solera. Tornò di Spagna con una gran collezione di quadri. Comperò in Milano una casa e l'addobbò riccamente. Credeva di aver tutto pagato. Invece, il suo ragioniere s'era ingoiato ogni denaro. Pur tuttavia Solera non fece querela al ladro e si lasciò mettere all'asta la casa».Solera fu singolare anche perché alternò l'attività artistica con quella di poliziotto. Avrebbe preso parte come agente di Cavour alle relazioni segrete con la Francia di Napoleone III. Il Dossi che lavorò a lungo al ministero degli Interni nei governi Crispi, e dunque era persona con accesso alle informazioni, sintetizzava così l'attività poliziesca: «Organizzò il servizio di questura in Egitto e prestò egregi servizi al nostro».

Dapprima a Potenza, partecipò alla guerra contro i briganti, «poi questore a Firenze (allora capitale del Regno), donde viene presto rimosso per essere mandato a Palermo, poi a Bologna, quindi a Venezia; in ultimo ad Alessandria d'Egitto. La sua presenza in Egitto proprio nei mesi in cui viene creato il soggetto di Aida ha fatto pensare alla possibilità di un suo intervento, che risulterebbe giustificato soprattutto pensando alle notevoli qualità drammaturgiche di quel soggetto, che fra l'altro ha numerosi punti di contatto con Nabucco» (Rescigno). Verdi non gli aveva perdonato di avere abbandonato il lavoro e non volle più incontrarlo. Sottoscrisse un aiuto economico raccolto dalla contessa Maffei, dopo uno dei tanti rovesci subiti, specificando alla comune amica: «È colpa sua se non è diventato il primo poeta melodrammatico dell'epoca nostra».

Per sintetizzare la sua vita, basta prendere a prestito il titolo della seconda opera scritta dal Solera nella veste di musicista: Genio e sventura, data a Padova nel 1843.

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