Cronache

Un direttore di 25 anni per il capolavoro del Verdi più maturo

Un direttore di 25 anni per il capolavoro del Verdi più maturo

L'ambizione venata dal dubbio, il tormento interiore, la determinazione che arma una cieca brutalità, l'assassinio, la sete di sangue che si rinnova, poi di nuovo l'ansia, l'affanno, la paura, poi ancora la follia visionaria. Infine la morte, violenta e straziante. Shakespeare in «Macbeth» ci mette tutto, dal concepimento del male dentro di sé all'annientamento che questo stesso male provoca, inesorabile. Alla faccia della psicanalisi. Ma allora non è un caso che Verdi abbia letto, amato, fatto suo il capolavoro shakespeariano, lo abbia ripensato, gli abbia cucito una veste musicale straordinaria: «Macbeth», che ha la sua seconda versione nel 1865, è perfetto infatti per accogliere quel linguaggio che il compositore freneticamente cercava, la necessità di conferire spessore psicologico ai personaggi, con pieno rispetto della parola, del testo, non disdegnando, a tratti, la recitazione in luogo del canto. Tutto in nome di quella profonda drammaticità che sarà peculiare nel Verdi maturo e che raggiungerà vette altissime nel suo ultimo capolavoro. Insomma, guardando ai due estremi della produzione verdiana, «Oberto, Conte di San Bonifacio» (1839) e «Falstaff» (1893), sembra di avere a che fare con due autori diversi, come ha giustamente sottolineato Andrea Battistoni, il giovanissimo - 25 anni - direttore d'orchestra che sarà sul podio per questa importante prima produzione dell'anno. Un cammino lungo e periglioso che il «Cigno di Busseto» ha compiuto, indefessamente, nell'arco della sua lunga vita e in cui la sua tragedia shakespeariana è tra le pietre miliari. «Macbeth», melodramma in quattro atti su libretto di Piave e Maffei, va in scena al Teatro Carlo Felice sabato 19 (ore 20.30) con repliche fino a domenica 27, nell'allestimento in coproduzione con la Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste e la Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi, con la regia di Henning Brockhaus, le scene storiche di Josef Svoboda e i costumi di Nanà Cecchi. Un Macbeth dalle tinte scure, cupe, ma in cui brillanti sfolgorano anche il rosso del manto regale - che è anche e soprattutto il colore del sangue - e l'oro della corona dannata. Da segnalare anche la partecipazione, per la prima volta, del Dance Ensemble Opera Studio (DEOS), un organico selezionato dalla Direzione del Teatro e dal coreografo Gianno Di Cicco e formato da giovani danzatori, che d'ora in poi verrà coinvolto nelle produzioni del Carlo Felice; analogo all'Opera Studio che da ormai un anno e mezzo fa calcare le scene genovesi a giovani cantanti alle soglie della carriera. Cast: George Gagnidze e Vittorio Vitelli (Macbeth), Roberto Scandiuzzi e Andrea Mastroni (Banco), Maria Guleghina e Tiziana Caruso (Lady Macbeth), Sara Cappellini Maggiore (dama di Lady Macbeth), Rubens Pelizzari ed Enrico Salsi (Macduff), Vincenzo Costanzo e Manuel Pierattelli (Malcom), Valerio Petouchoff (Fleanzio).


Francesco Verna (Medico), Francesco Sorichetti e Alessandro Pastorino (Domestico di Macbeth), Filippo Balestra, Giampiero Barattero , Roberto Conti, Alessandro Pastorino (Sicario), Alessio Bianchini e Roberto Conti (Araldo), Filippo Balestra, Giampiero Barattero, Elena Caruso, Elisa Priano, Filippo Bogdanovich e Umberto Musso (Apparizioni).

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