Cronache

Un «Macbeth» da applausi dà il via all'anno verdiano

(...) lirica dell'anno verdiano al Carlo Felice, va in scena con grande successo, ma nella totale e consueta indifferenza delle istituzioni: nella «fila 9» non abbiamo visto né sindaco né assessori, tranne un paio di appassionate eccezioni. Come del resto in occasione del Macbeth di Shakespeare al Teatro Stabile la scorsa settimana. Ma guardiamo il palcoscenico: cupo, appena rischiarato dai bagliori delle apparizioni infernali, dalle candele che guidano il sonnambulismo della Lady, dal groviglio di Birnam. A spezzare la notte perenne, solo il rosso del sangue e l'oro sulla sterile corona del re. Ambientazione perfetta per l'opera verdiana, che rende giustizia anche a Shakespeare, ritrovando quella dimensione psicanalitica che è così forte nella fonte originaria e che nel capolavoro musicale un po' si stempera. La regia di Henning Brockhaus recupera questa dimensione interiore, rende strega la Regina, accentua l'incorporeità delle visioni con proiezioni angoscianti che riportano all'incubo e pone sul viso dei personaggi una straniante «maschera» bianca. Con un impatto scenico straordinario. In questo aiutato dalla direzione di Andrea Battistoni, che, nel rispetto dei dettami verdiani, recupera lo scheletro testuale, la parola, sostituendo, a tratti, il canto con la recitazione, anche aspra, in nome di una più intensa drammaticità; ritrova poi i sussurrati, portando la buca al servizio del palcoscenico. Gli interpreti: bravissimo George Gagnidze (Macbeth), interpretazione impeccabile, un protagonista con uno spessore drammatico davvero «verdiano», dotato di un timbro vocale piacevolissimo e di una musicalità estrema. Buona prova anche per Maria Guleghina (Lady) attenta alla resa psicologica della regina; tuttavia, vocalmente, più brillante nel primo atto, più spenta a seguire, con incertezze nel registro grave.

Prova più che discreta per Roberto Scandiuzzi (Banco) e bravo Rubens Pelizzari (Macduff), nonostante l'«incidente» vocale nell'aria, che ha avuto modo di dimostrare una apprezzabile musicalità.

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