Cronache

Massé, il filosofo che esplorò i dubbi sul cristianesimo

Massé, il filosofo che esplorò i dubbi sul cristianesimo

«Nell'universo platonico c'è posto anche per il grande avversario dell'epistème, il Sofista, il precursore degli Scettici, che si colloca ad un livello inferiore a quello della verità dell'Essere, quale l'ha concepito Parmenide e l'ha riarticolato Platone nella dottrina delle Idee». Parole dalla «Premessa» dell'autore Claudio Papini a Daniel Massé e gli enigmi del Cristianesimo (De Ferrari), un omaggio a 140 anni dalla nascita del francese, che ci portano nel cuore del libro. La filosofia (epistème, da epì ìstemi = ciò che sta sopra) ha una capacità di spiegazione superiore ai miti, alla scienza, ad ogni altro sapere umano. In coerenza con tale assunto Papini ripercorre, legandola alla storia, la filosofia dalle nostre origini occidentali, da Platone, fondatore del mito della «democrazia» (l'illuminismo greco attesta come ineludibile la presenza dei miti nella vitale realtà quotidiana) e spiega: «La sacralità delle istituzioni e il vincolo religioso dei cittadini con loro e con gli Dei che proteggevano la città-stato realizzava un'unità reale e ideale...». Immette così un tema ormai sconosciuto, impossibile in giorni di diffuso scetticismo. Ci restituisce Platone, espressione della tradizione aristocratica greca (modello spartano), che nel suo universo sa accogliere il grande avversario dell'epistème, il Sofista, precursore degli Scettici. Il Sofista si colloca ad un livello inferiore a quello della verità dell'Essere, quale l'ha concepito Parmenide e che Platone ha riarticolato nella dottrina delle «Idee». Il Sofista (antico o moderno) opera nello spazio politico della forma democratica di cui è eroe e vittima, si accontenta di verità problematica, tra razionale/irrazionale, del verosimile. Per Vico però la problematicità fa del verosimile la verità umana per eccellenza e la verità del mito (di forma diversa da quella intellettuale) resta fantastica e poetica. Il discorso è complesso, Papini lo articola bene, per cui rimando alle sue parole, ponderate, per trarne lezione.
Non a caso, le prime pagine del libro sono dedicate a «La Società degli Amici del libero pensiero» fondata in Genova nel 2009 (viale Brigata Bisagno 14) dall'imprenditore Antonio Pellizzetti, da Luigi Cògolo, medico chirurgo e da Papini. Nasce con un primo libro di Pellizzetti: Addio al cristianesimo. L'epilogo di un percorso tra fede e ragione e da un saggio del Papini Il caso Antonio Pellizzetti e il libero pensiero genovese. Di qui un percorso che in questo nostro libro accoglie la traduzione, da parte di Papini, di 100 pagine del primo volume della trilogia di Daniel Massé L'enigma di Gesù. Tesi del Massé: «Si è soppresso tutto ciò che era la verità sul Cristo, la vita, la carriera di Messia ebreo, che la storia ecclesiastica ha sofisticato».
Due avvertenze a chi, versato a voler capire e ragionare, si addentra in questa complessa fatica di Papini.
La prima è sul mito. Ripensi alla sua capacità di attrazione delle masse, cosa che vale per i politici e spiega fin la nascita dei totalitarismi del Novecento: la Storia qualcosa dovrebbe insegnarci. Ma la verità del mito attiene anche alla capacità di avvicinarsi a «ciò che sta sopra», attiene all'estasi artistica, poetica, mistica: filosofia e poesia due vette di conoscenza con la poesia sulla più alta.
L'altra avvertenza riguarda il modernismo, la sua riscoperta attraverso i saggi della Società citata con l'invito di Papini a riflettere sulla «straordinaria qualità di certe indagini e di talune analisi correttive». E Massé ci si presenta con l'affermazione che «gli esegeti sono considerati storici e uomini di scienza, ma sono teologi e la teologia è l'arte di prendere e far prendere lucciole per lanterne».
Al riguardo, in aiuto al lettore, ho chiesto la testimonianza di Piero Vassallo, già docente della Facoltà Teologica del Nord Italia. Risposta: «Occorre distinguere la teologia (esercizio della ragione sul contenuto della rivelazione accolta dalla fede) dalla teodicea (dimostrazione dell'esistenza e "giustificazione" di Dio). All'inizio del XX secolo l'irruzione devastante dell'eresia modernista diede fiato alle trombe, trombette e tromboni dell'orchestra laicista, di qui la denigrazione sistematica dei teologi e dei filosofi di scuola cristina. Si diceva: «Dopo Kant non si può dimostare l'esistenza di Dio causa prima del mondo». Oggi la filosofia moderna si è rintanata nel suolo nichilista (intendo la filosofia neognostica e neolibertina dei francofortesi). Kant è oggetto di una sparuta pattuglia di studiosi che vivono fuori della realtà. I discorsi di Massé sono suoni d'oltretomba, reperti archeologici. I cattolici, smaltita la sbornia pseudo-ecumentica prendono coscienza dell'incrollabile verità della teodicea (l'opera di Cornelio Fabro è uno scoglio su cui s'infrangono pensieri postmoderni e ultramoderni). La fede, virtù teologale, grazie all'enciclica Fides et ratio, riprende quota, il resto è spettacolo della Tv anacronistica e stantia di un Augias».
Per Kant suggerisco di Virgilio Melchiorre «Analogia e analisi trascendentale.

Linee per una nuova lettura di Kant».

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