Cronache

«Con la nuova diga il porto di Genova guadagna cent'anni»

(...) Lei, Merlo, un po' se l'è presa. Ma non c'è proprio niente di vero nelle affermazioni del leader del Movimento 5 Stelle?
«Intanto diciamo che a smentire Grillo ci sono i numeri e la logica dell'economia. Il porto di Genova ha appena fatto il record di contenitori, viaggiamo oltre i due milioni di contenitori all'anno. Pieni, e solo in minima parte, quella per così dire fisiologica, vuoti».
Quindi, ammettiamolo: i cassoni vuoti esistono.
«Certo che esistono, è normale che ci siano, e sono quelli che si trovano in qualsiasi scalo del mondo che lavora. Ma qui sono in percentuale assolutamente minima».
I numeri sono questi. Ma in che senso c'è anche la logica dell'economia?
«Perché nessun porto potrebbe non dico crescere, ma neanche sopravvivere sulla maggioranza di contenitori vuoti e su quell'altra cosa che dice Grillo: i tir che uscirebbero vuoti dalle banchine».
Invece...
«... invece lo scalo della Lanterna, pur in presenza della crisi economica internazionale, segna un andamento positivo, in particolare sul versante delle esportazioni che sono cresciute in modo molto rilevante. E se è vero che, per la congiuntura economica, è calato il traffico dal Far East, è altrettanto vero che è cresciuto quello intramediterraneo».
Insomma, Grillo ha fatto una battuta infelice.
«Detta, oltre tutto, da un genovese, non me l'aspettavo. Deriva da una visione falsa e priva di senso di una realtà che significa 30mila posti di lavoro, e addirittura 70mila se consideriamo l'indotto allargato. Il nostro porto è vivo e vegeto, e si sviluppa».
Ci sarebbe bisogno di maggiori risorse.
«Questo sì. Concedere un'autonomia finanziaria limitata all'1 per cento della fiscalità prodotta non ci consente certamente di realizzare tutto quello che potremmo fare se, ad esempio, lo Stato ci ritornasse il 5 per cento».
Allora ha ragione Grillo, nel senso di Luigi, senatore del Pdl: più autonomia finanziaria, più possibilità di risolvere sul posto i problemi infrastrutturali?
«Avere a disposizione più risorse di ritorno dallo Stato ci consentirebbe di realizzare significativi interventi, senza dover andare ogni volta a Roma col cappello in mano a chiedere finanziamenti»
Si potrebbe fare cosa? Scegliamo le priorità.
«Penso, innanzi tutto, ma non solo, allo spostamento della diga, indispensabile per accogliere le navi molto più grandi della nuova generazione. I lavori costerebbero una cifra di circa 800 milioni, massimo un miliardo di euro. Ma ne varrebbe la pena».
Insieme ai dragaggi e alle ristrutturazioni delle banchine, sarebbe il toccasana.
«Di più: possiamo ben dire che in questo modo il porto di Genova allunga di cent'anni la propria operatività! Ma non possiamo fare tutto da soli, occorrono sensibilità e sostegno concreti».
Le prospettive sono migliori, anche perché le liti sono (quasi) finite.
«La comunità portuale è indubbiamente più coesa. I lavori di ampliamento degli spazi procedono con regolarità, e termineranno come previsto nel 2015. Di conseguenza, si raddoppierà la capacità di movimentazione, fino a 4 milioni di contenitori».
Manca sempre il nuovo bacino. Nel frattempo è tramontato definitivamente l'acquisto di una struttura nuova o usata, quella che doveva essere la cosiddetta sesta vasca?
«Il progetto realistico su cui ci siamo concentrati prevede di allargare e allungare il quarto bacino esistente. Ci pare la soluzione migliore, considerati tutti i fattori in gioco, quelli economici e quelli legati all'operatività del nostro scalo».
C'è ancora il nodo del Piano regolatore.
«È vero. Il Comitato portuale procede speditamente per quanto di competenza, ma poi bisogna considerare i tempi lunghi della burocrazia e i passaggi previsti dalla legge nazionale. Ma ce la faremo, ne sono convinto».
In sostanza, presidente Merlo: lei resta un inguaribile ottimista?
«Con l'ottimismo della ragione. Il porto di Genova è un punto di riferimento fondamentale per i traffici nel Mediterraneo.

E vogliamo farlo crescere ancora».

Commenti