Cronache

Pensare la città in verticale Così Genova rialzerà la testa

Pensare la città in verticale Così Genova rialzerà la testa

(...) Risultato: il 17 è sempre strapieno e viaggia con il classico effetto carro-bestiame; il gioiellino non è più tale e il 16 resta semivuoto, spesso anche per le abitudini dei viaggiatori che, quando vedono arrivare insieme un 16 e un 17, anche se devono andare solo a Brignole o a San Martino, scelgono comunque il secondo. Solo l'ultima delle circostanze non è colpa dell'Amt. Ma resta il fatto che, nonostante le due denunce che ho lanciato da queste pagine, e nonostante un intervento del capogruppo leghista in Comune Edoardo Rixi, l'azienda di trasporto non ha risposto sulle motivazioni che stanno dietro questa scelta, visto che comunque il 16 ha dei costi e comunque il 17 è stato rovinato. Invece, niente, nessuna risposta, nemmeno una riga. E, addirittura, l'interrogazione di Rixi giace pure essa senza replica nei fondi di Palazzo Tursi, senza che se ne sia mai accennato in aula.
Potrei parlare di tutte queste vicende, ma credo che sia il caso di fare il minimo comune multiplo di questa storia. E cioè di cogliere il filo conduttore fra quella strofa di Litania, il 20 strapieno e l'incredibile scelta di continuare nell'errore dello sdoppiamento fra 16 e 17, senza particolari risparmi chilometrici e senza ascoltare le proteste dei cittadini. Filo conduttore che è quello della mobilità a Genova.
E qui sta il punto. Perché, troppo spesso, si è considerata solo la mobilità orizzontale, basata quindi sul trasporto su gomma, sugli autobus, sulle linee collinari, sulla miriade di trasporti integrativi. E invece, la chiave - al di là della suggestiva idea di ampliare le corse Navebus da Nervi a Voltri e non più solamente da Pegli al Porto Antico, che consentirebbe di abbinare il servizio turistico a quello per pendolari e di sfruttare il mare - è la cura del ferro: la metropolitana di superficie con i treni da Nervi a Voltri in continuazione e nuove fermate intermedie oltre alle attuali stazioni, come peraltro previsto dagli studi di Urban Lab.
Ma, soprattutto, lo sviluppo di Genova, anche nel trasporto pubblico, non può che essere verticale. E così il servizio degli ascensori deve essere ampliato e non ridotto, come succede ad esempio a Sampierdarena a Villa Scassi dove il «bus sostitutivo temporaneo» è ormai temporaneo da anni ed anni. Così come non si può pensare al progetto Erzelli senza pensare alla funicolare che da Sestri porti in cima alla collina. Con il pulmino sostitutivo ci faremmo ridere dietro da mezzo mondo.
In questo quadro, oltre alla rete di ascensori - su tutto quello «per il Paradiso» che porta a Spianata Castelletto - le due funicolari, l'impianto orizzontale-verticale e il trenino a Cremagliera sono le vere eccellenze dell'Amt. Andiamo per ordine e partiamo proprio dagli impianti a fune classici: la funicolare Zecca-Righi, con tutte le sue fermate intermedie, è talmente importante che la sua presenza si sente soprattutto quando non c'è, come è capitato la scorsa settimana per le verifiche di sicurezza imposte dalla legge: in autobus i tempi di percorrenza si sono moltiplicati. L'altra funicolare, quella di Sant'Anna, in realtà è mini, senza fermate intermedie, fra via Bertani e Portello. Eppure, anche lì, quando non c'era, quando quei trecento metri di cavi sono stati chiusi, la mancanza si è sentita, eccome.
Poi, c'è l'ascensore di Montegalletto, che è quasi un riassunto di Genova, orizzontale e verticale. Si parte da via Balbi con un impianto a fune, come fosse una funicolare che va in orizzontale, poi - all'improvviso - sembra di entrare in Harry Potter, al binario nove e tre quarti: la cabina quasi entra nel muro e, attaccatissima alla roccia, si trasforma in un velocissimo ascensore che porta in corso Dogali, a Castelletto, all'altezza del Castello d'Albertis. Un'esperienza da provare, anche solo da turisti.
Ma il meglio arriva nell'ultimo impianto verticale. Il trenino a cremagliera che, dal Lagaccio, all'altezza del Bingo dietro Principe, sale verso Granarolo. Otto fermate, in una cabina da 45 persone in legno, restaurata per la prima volta nel 1929, che ha appena riaperto, da meno di un mese. Trecento metri di dislivello che portano alla vista più bella di Genova, che domina la città e ha la Lanterna proprio in fronte. Un capolavoro che viene da lontano e che può essere guidato solo da dipendenti Amt con una licenza speciale da ferrovieri, visto che richiede tecniche particolari. Un capolavoro, soprattutto, per gli abitanti del quartiere, di via Bari, di via Bartolomeo Bianco e di tutte le zone circostanti che, per troppi anni, sono rimasti in attesa di questo trenino, che per Granarolo è la vita. E, ribadisco, può essere vita anche turistica per Genova: un treno che quasi attraversa i portoni delle case, passando di fronte ai cancelletti, è qualcosa di unico al mondo. Così come è unica Genova.

Verticale.
(8-continua)

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