Cronache

«Pronto, vorrei donare al Fai le tombe di famiglia»

Un amore lungo trent'anni. Che come tanti grandi amori comincia con un incontro casuale. Anzi, in questo caso con una telefonata. Era il 1983 e al numero dello studio di architettura di Renato Bazzoni, all'epoca responsabile del Fai, Fondo Ambiente Italiano, si presentò una voce femminile con lo spiccato accento inglese. La signora chiese di parlare con l'architetto palesandogli la volontà di donare al Fai le tombe di famiglia. «Non erano frequenti, nei primi anni della nostra fondazione, le offerte di donazioni - racconta Marco Magnifico, vicepresidente esecutivo del Fai, nel numero del notiziario di primavera della Fondazione - Bazzoni fu giustamente cauto e rimase basito quando, chiesta qualche spiegazione sull'entità delle tombe, scoprì che, supremo undestatement inglese, per tombe di famiglia s'intendeva il complesso dell'Abbazia di San Fruttuoso di Camogli». La generosa offerta arrivava dalla principessa Orietta Pogson Doria Pamphilj in persona. Padre romano, madre e marito inglesi, raccontò come molti dei suoi antenati fossero stati sepolti nel XIV secolo proprio nel chiostro inferiore dell'Abbazia. Era stato Ardito Desio, il grande scalatore e alpinista a consigliare alla principessa di donare il complesso al Fai, che pur agli albori cominciava però già ad avviarsi sulla strada dell'inglese National Trust, al quale Bazzoni si ispirava.
E fu proprio questa prestigiosa donazione che segnalò l'opera del Fondo Ambiente Italiano all'opinione pubblica. Ma l'opera era solo all'inizio e non si sbaglia a definire «eroico» il restauro del complesso. Quando il Fai entra a San Fruttuoso lo spettacolo è preoccupante. Come si legge nell'interessante resoconto del notiziario, nel 1983, anno della donazione, il complesso, ex convento benedettino in abbandono, era gravemente degradato. Dopo la morte dell'ultimo frate la famiglia Doria aveva tentato di far rientrare i monaci nella struttura, ma senza successo. Il complesso, lo dice il termine, non è solo l'abbazia romanica con la torre Doria: nella donazione vengono comprese anche alcune abitazioni e i 33 ettari di macchia mediterranea che circondano le costruzioni. Il compito del Fai è quello di far tornare al vecchio splendore un intero borgo, anzi, dotarlo delle infrastrutture che non ha mai avuto, come la rete fognaria, e rifare gli impianti elettrici e quelli per l'approvvigionamento dell'acqua potabile. Ci vorranno cinque anni di lavoro e un consistente impegno economico per raggiungere il traguardo. Anche perché il luogo è raggiungibile via mare o attraverso un sentiero impervio. Ma la squadra del Fai, guidata dall'architetto Guglielmo Mozzoni, non si perde d'animo e via via parte dal restauro delle coperture, cui segue il recupero delle tombe della famiglia Doria situate appunto nella parte inferiore del Chiostro. Successivamente si arriva alla parte superiore e al restauro dell'abbazia vera e propria, che viene riaperta al pubblico nel 1988, cinque anni dopo dalla famosa telefonata.
Il percorso di ristrutturazione del complesso prosegue anche con apporti esterni al Fai che, non essendo proprietario di tutto il borgo, ha chiesto interventi anche all'Ente Parco di Portofino, all'Arte di Genova e al Comune di Camogli, stringendo un difficile accordo di programma nel 1996. Il patto prevede anche lo spostamento, entro il 2014, dei ristoranti che attualmente si affacciano sulla spiaggia, uno dei quali dovrebbe essere trasferito nella casa della piazzetta.
Tra i restauri da completare quello più urgente e in corso di programmazione è tuttavia quello della torre Doria, eretta nel 1562 da Giovanni Andrea e Pagano Doria per la difesa del borgo e della fonte d'acqua che sarebbe alla base dell'edificazione del complesso. Infatti la storia racconta che nel terzo secolo dopo Cristo il vescovo cristiano Fruttuoso fu martirizzato nella Spagna orientale e due monaci tornarono verso oriente per nave con le reliquie del santo. A questo punto la leggenda narra che, dopo un lungo peregrinare, un angelo apparso in sogno li guidò in un luogo tranquillo dove le reliquie del martire potessero riposare accanto a «una fonte d'acqua scaturita da un sasso». E di una sorgente d'acqua dolce nella zona si parla anche successivamente nell'IX secolo.
Tanto è stato fatto per questo gioiello, ma il processo di ristrutturazione è ancora lungo. Anzi dovrà proseguire per sempre. Ma la bellezza del luogo è tale che un pezzo di San Fruttuoso può essere anche nostro. Il Fai ha lanciato l'iniziativa «Adotta l'Abbazia», con 15 euro al mese si può diventare custodi della bellezza di San Fruttuoso, i soldi serviranno per continuare e rendere più efficaci gli interventi di manutenzione.

Chi adotterà un pezzetto di San Fruttuoso avrà in omaggio la tessera del Fai per il tempo dell'adozione e un «free pass» che consentirà di portare due amici a visitare gratuitamente l'Abbazia, oltre ad essere costantemente informato dell'avanzamento dei lavori.

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