Cronache

Quelli che il teatro d'autore lo fanno nel salotto di casa

Un palcoscenico piccolo piccolo (solo un metro di profondità) per uno spettacolo da applausi. L'apologia del tradimento è andata in scena in casa Morini Segala, con la pièce «Le nouveau testament» di Sacha Guitry. Un rendez-vous col teatro che la famiglia genovese promuove ogni anno nella sua residenza di via Assarotti. E sabato scorso la scelta è andata al commediografo parigino (nato a San Pietroburgo) con una prima assoluta per la nostra città. Il testo è stato tradotto dalla padrona di casa, Simonetta Morini Segala, che ha curato anche l'adattamento delle scene e dei dialoghi agli spazi, e soprattutto ai protagonisti. Protagonisti della vita cittadina. Medici, avvocati, imprenditori, insegnanti, broker che da anni hanno fatto della casa di via Assarotti un polo culturale di riferimento. Un vero e proprio circolo intellettuale ambientato tra tappezzerie floreali, bergère, bureau, console, secretaire, chiffonnière e antiche ottomane sulle quali affondare settimanalmente in letture e approfondimenti intorno al mondo dell'arte. «I prossimi incontri sulle opere di Tolstoj», anticipa Simonetta Segala, insegnante di lettere e anima del gruppo.
Ma il momento più atteso è quello della messa in scena di uno spettacolo teatrale. Bisogna leggere attentamente i testi, studiare le ambientazioni e i personaggi. E una volta decisa l'opera possono iniziare le prove. «L'appuntamento, di norma, era la domenica alle 17 e si andava avanti fino all'ora di cena», racconta il regista Ninni Miglietta. Si provano le parti, si studia ogni singolo gesto, ogni movimento del corpo, anche la più piccola sfumatura della voce. «Tale la passione, che sovente si va avanti fino a notte», interviene Filippo Marengo. Un impegno che prosegue per tutto l'inverno e che permette agli attori di muoversi sulla scena come veri professionisti. Una tradizione, oramai, che negli anni ha portato sul piccolo palcoscenico di via Assarotti tre opere di Oscar Wilde («L'importanza di essere Ernesto», «Una donna senza importanza» e «Il marito ideale»), «La pulce nell'orecchio» di Georges Feydeau e alcuni gialli di Agata Christie. Ma nello spirito «ludico e goliardico della compagnia», come lo definisce Marengo, una delle opere più amate dal gruppo è stata «La presa di Ber-op-zoom» di Sasha Guitry che parla di una donna che cambia sempre marito. Tipico esempio di teatro boulevardière come lo spettacolo di sabato scorso. «Un gioco degli equivoci a metà strada tra Pirandello e Feydeau», spiega la padrona di casa. Insomma, «Le nouveau testament», gioca con l' ironia per fustigare vizi e malcostume della famiglia borghese di allora, come di adesso. La storia si sviluppa nella casa della famiglia Marcelin riprodotta in quel metro di palcoscenico al quarto piano di via Assarotti da Ninni Miglietta con la collaborazione di Lelle Favero e Carla Bo (Ivan Pitto ha realizzato i pannelli); accompagnamento al pianoforte di Marianna Piccardo. Di fronte alla pedana, in quello che normalmente è l'ingresso dell'appartamento, un centinaio di sedie attaccate le une alle altre in modo che si fa fatica a passare e, una volta seduti, a trovare posto per le gambe. In prima fila Marisa Allasio, la ragazza «tutta curve» protagonista del film «Poveri ma belli» di Dino Risi (1957). Poco dietro Anna Maria Panfili, presidente del Forum delle Famiglie, il docente universitario Andrea D'Angelo, il principe degli avvocati Sergio Carbone insieme all'avvocato (e padrone di casa) Sandro Morini, Mario Menini, vice presidente del Cda del Teatro Carlo Felice, Eugenio Pallestrini, presidente del Teatro Stabile di Genova. E tanti altri. E anche a costo di stringersi nessuno vuole mancare a quell'unica rappresentazione annuale che sabato sera si è chiusa con l'esibizione del giovane tenore italo-americano Steve Roti. Si apre il sipario. Lui, il protagonista Jean Marcellin, è impersonato da Tonino Bettanini, docente universitario a Roma nonché responsabile della comunicazione dei ministri Franco Frattini (Esteri) e Mariastella Gelmini (Istruzione). Straordinario, in scena dall'inizio alla fine, si è studiato la parte in viaggio tra Genova e la capitale, assicura Filippo Marengo, nella vita broker e sulla scena cameriere («valet de chambre»). Analogamente, sarebbe cinico pensare che Ugo Giuseppe Ribeca, chirurgo all'ospedale di Sampierdarena, abbia memorizzato le battute tra un intervento e l'altro. Anche se il cinismo sulla scena non gli manca - nei panni di Fernand Worms - nel portare avanti una relazione con Lucie Marcelin (Simonetta Segala Morini) moglie di Jean che è anche il migliore amico di suo padre Adrien Worms (al secolo Giorgio Bettanini, imprenditore). Quello che Fernand non sa, però, è che con la sua relazione sta vendicando il padre (che non è neanche il suo vero padre, si scoprirà alla fine) a sua volta tradito 25 anni prima dalla relazione nascosta tra l'amico e la moglie Margherite Worms (esperta della comunicazione). L'unico personaggio che si salva dai perversi giochi familiari è la segretaria del dottor Jean Marcelin, la signorina Morot (Roberta Piccardo Cipollina, imprenditrice), che non a caso viene presto licenziata. Ma al suo posto non poteva non arrivare l'affascinante figlia illegittima di Jean, Juliette (l'avvocato Giovanna Bottini Raimondo), che di fronte alla ostilità della padrona, Lucie, non esita a rispondere in tono di scherno: «ho 22 anni e sfortunatamente non sono contagiosa». Messi alle strette tra tradimenti e ipocrisia, però, la soluzione che trovano i protagonisti è assolutamente inedita e brillante. Un inno finale alla gioia e al diritto di essere infedeli anche se in «una piccola esistenza da egoisti» perché: «alla fine tutto quello che viene dalla vita bisogna prenderlo».

Datato, 6 aprile del 1934.

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