Cronache

Saliceto, che fa un business dei suoi simboli esoterici

Saliceto, che fa un business dei suoi simboli esoterici

Dopo Altare di Savona, Saliceto. Venti chilometri e mistero fitto. Ancora con Giorgio Baietti, scrittore e storico, che ha studiato a lungo Rennes Le Chateau, le carte scoperte dall’abate Sauniere durante i lavori alla chiesa, l’improvvisa ricchezza del prete e quegli strani segni disseminati un po’ ovunque. Simboli esoterici, culto della Maddalena, Santo Graal. Intrecci e rimandi che ricompaiono ad Altare, nell’entroterra savonese. Stesso stupefacente copione: paese sperduto, prete che improvvisamente entra in possesso di una grande quantità di denaro e simbologia esoterica che marchia la Casa di Dio. Adesso anche Saliceto, che è già Cuneo ma a un tiro di schioppo da Altare. Troppo vicini, anche se i fatti in quel di Saliceto vanno in scena in pieno Rinascimento, secoli prima di Rennes. Baietti ci arriva fiutando una traccia via l’altra, dietro le pietre, oltre le scritte sibilline. L’impatto è sconcertante, ma Baietti è prima di tutto uno storico. Va a ritroso, ricompone le vicende travagliate di un paese preda dei Saraceni che leggenda narra abbiano nascosto lì il loro tesoro, e arriva a Carlo Domenico Del Carretto, marchese di Finale, cardinale ma non prete, pupillo di Innocenzo VIII e amico del papa savonese Giulio II.
Fu il marchese a scegliere di costruire all’inizio del 1500 a Saliceto, già parte del marchesato di Finale, la Chiesa parrocchiale di San Lorenzo. Perché quest’opera così importante proprio qui? «Era un piccolo paese - ribadisce Baietti - anche se sulla Via del Sale che collegava Savona ad Alba. Ma la cosa davvero significativa è che sulla facciata in pietra arenaria è presente una simbologia che non ha eguali nelle chiese italiane». Baietti torna a leggere i segni e tracciare linee che attraversano i secoli per quadrare il cerchio. In alto a destra, sull’estrema lesena, il Bafometto, «un idolo satanico dai lunghi baffi e zampe di caprone o di rospo che i Templari nel 1300 furono accusati di adorare - dettaglia Baietti -. Era una sorta di guardiano e qui è a guardia della chiesa». Portale d’accesso: su entrambi i lati Ermete Trismegisto, che nel Rinascimento si credeva fosse realmente vissuto in tempi antichissimi e autore di opere scritte segretamente e tramandate; una figura mitico-carismatica, collante fra i percorsi di ricerca dei nuovi alchimisti, filosofi, religiosi e i saperi esoterici dell’età tardo-antica. In bella mostra sulla facciata. Perché? «Ci sono anche il Giano bifronte e la fenice che risorge dalle ceneri - insiste Baietti - e il pellicano che nutre i piccoli strappandosi le carni, massimo sacrificio per i cristiani e simbolo della massoneria». Non solo: «Fa pensare la raffigurazione della rana alata, che non esiste in nessun altro luogo e rimanda ai riti misterici egizi».
Poi i cerchi di pietra di 25 centimetri di diametro: ventidue in facciata, alla base, e venti all’interno della chiesa: «Quarantadue, come i giudici dell’antico Egitto - nota Baietti - non dimentichiamo che ventidue è il numero simbolo di Rennes, ventidue sono gli Arcani dei tarocchi e le lettere dell’alfabeto greco». Relazioni a priori incomprensibili, eppure perfettamente collimanti per chi segue questa traccia di secolo in storia. Entri in San Lorenzo, «c’è una copia del Cristo e la lepre del Van Dyck esattamente come nella chiesa di Rennes Le Bains, legata al misteri di Rennes Le Chateau» dettaglia lo scrittore. Gesù appena morto, ancora i chiodi accanto, le bende e la scritta INRI con la N rovesciata. È tenuto in grembo da una donna che guarda disperata il cielo: «Sul ginocchio destro del Cristo, in un gioco di trompe l’oeil, una testa di lepre, chiaro riferimento ai Merovingi, supposti discendenti dell’unione di Gesù con la Maddalena». Baietti incalza con i simboli: «Anche in questa chiesa le stazioni della Via Crucis in senso contrario; nella XIII la N di INRI è rovescia e una donna è ritratta con sei dita nella mano». Tutto a Saliceto e dintorni. Perché nei pressi del paese c’è la Cappella di San Martino, 1300, affrescata all’interno con scene di cavalleria, e «il fatto curioso - fa notare Baietti - è che i protagonisti sono i cavalli che ti guardano e ridono».
E Saliceto del mistero fa un volano economico. Perché, a differenza di Altare, lì a 20 chilometri, una storia simile a Rennes le Chateau dettagliata mediaticamente da Baietti con rifiuto però dell’intero paese di essere al centro di siffatte cronache, Saliceto l’ha presa bene questa misterica stranezza.

Baietti racconta i fatti del borgo: sempre più appassionati e curiosi dirottano su Saliceto, il parroco è contento, il sindaco progetta ricettività e la pro loco crea un comitato (rigorosamente di volontari) di accoglienza turistica.

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