Cronache

Slow Fish, così Genova studia il (suo) futuro

Slow Fish, così Genova studia il (suo) futuro

(...) dal presidente del Consiglio Enrico Letta e dal ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi il giorno prima. In circostanze molto meno piacevoli di Slowfish. Ma andiamo oltre i giorni terribili che hanno colpito Genova in questi giorni, più avvolgenti di ogni «caligo», più totalizzanti di ogni altro dramma. E raccontiamo una Genova che, nonostante tutto, sa sorridere, sa andare avanti, sa reagire. Reagire non solo al dramma di molo Giano.
Reagire significa anche reagire alla rassegnazione, al sedersi su se stessa, al sopportare tutto, senza alzare un sopracciglio. Al declino e a una classe dirigente, spesso addirittura senza soluzione di continuità fra partiti e ceti sociali in una specie di larghe intese non sul bene della città, che sarebbe una cosa bellissima, ma della conservazione fine a se stessa e di difesa dello statu quo. Invece, Slowfish. Al netto dell'emozione e del lutto, che certo non sono colpa degli organizzatori, l'edizione 2013 - opportunamente trasferita dalla Fiera al Porto Antico - è stata il trionfo, non solo del pesce, ma proprio di Genova e dei genovesi e bene hanno fatto gli organizzatori, su tutti Slow Food e Regione Liguria, con la collaborazione del Nunzia-ministero - a festeggiare: «L'apertura al pubblico del Porto Antico è la strada giusta per diffondere la cultura del mare».
E quindi siamo qui a raccontare dei bambini a parlare di pesce povero in ludoteca, di imprenditori coraggiosi come Alessandro Cosmelli che, insieme a due soci, da un bellissimo negozio di vestiti trendy a Nervi si trasferisce per qualche giorno in una specie di camioncino Ape adattato a «Bestreet» dalla cui finestrella hanno venduto migliaia di piatti della cucina di strada e della tradizione, dalla torta pasqualina al pan-sotto, erbette e sugo di noci, fino alla sardenaria, con pomodoro, cipolle, olive e spezie. Un business che ha abbinato la moda ai gusti tradizionali.
E poi, gli stand di Lurisia che ha griffato l'intera manifestazione, e quelli del sigaro Toscano. Quelli dei pescatori liguri e quelli di Genova Gourmet, orchestrati dall'immancabile Roberto Panizza. Quelli delle birre e quelli dell'Emilia-Romagna che proponeva acciuga affumicata, raccontando la storia di una nobile arte. Quelli del prosciutto cotto Lenti che faceva degustare a un euro, tutto in beneficenza e quelli del vetro soffiato della Bormioli, con i laboratori per bimbi.
Mica finita. Ad esempio, sono andati a ruba i pesci «battuti» all'asta ogni giorno, proprio come se fossero quadri, e trattati come rarissimi Van Gogh, persino quelli teoricamente meno preziosi, ma ugualmente buonissimi come il pesce lama. E ha fatto il pienone anche il mercatino, nonostante prezzi che non erano propriamente popolari. Del resto, sotto i tendoni di calata Mandraccio, c'erano i «presidi» Slow Food, che sono un capolavoro, anche di marketing, di Carlin Petrini, oltre che prelibatezze gastronomiche. E così sono andate a ruba allo stesso modo le ricercatissime ostriche e i tagli di castelmagno di alpeggio, nonostante due euro e mezzo all'etto non siano propriamente un prezzo di saldo, così come hanno fatto il pieno lo squisito tonno tarantino a sette euro al vasetto (180 grammi), così come le fantastiche granite siciliane messinesi al limone, alla fragola e al caffè. Veramente divine, come sempre lo sono le granite in Sicilia. Anche se a Messina non costano due euro e mezzo al bicchierino come a Slow Fish.
Eppure, in tutte queste circostanze, c'era la coda. E quindi avevano ragione loro.
E poi c'era anche lo stand gratuito. Che era quello del Miur, che è un nome semanticamente da arresto, di una bruttezza unica. Ma, una volta tradotto, si tratta del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, quello che quelli della nostra generazione hanno sempre chiamato «Ministero della Pubblica Istruzione», senza terribili acronimi più di distruzione che d'istruzione.
Ecco, in quello stand, andava in scena qualcosa che era il vero senso di Slow Fish. E cioè i professori e il maître dell'istituto alberghiero Marco Polo servivano ravioli fatti al momento dai loro studenti, spiegando la bellezza di mangiare pesce e anche quella di mangiare pesce povero e raccontando la storia del pesce, la geografia della pesca e la cultura del cibo. Con prof come Roberto Avanzino, il «presentatore» della quattro giorni nello stand del provveditorato e delle scuole, venerato come una specie di dio del mare, quasi un Nettuno della situazione con tanto di pizzetto indispensabile al phisique du rôle. Con sua moglie Monica e le studentesse nei panni delle sirene della situazione. Risultato: lezioni di cibo, di pesce, di economia, di mare, di vita. A Genova, al Porto Antico, sul mare, con decine di migliaia di persone attorno.


Alla faccia di chi subisce la crisi, anziché morderla.

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