Cronache

La Stella Maris distrutta Un secolo a vegliare sui lavoratori del porto

La Stella Maris distrutta Un secolo a vegliare sui lavoratori del porto

(...) Berta Rossi è una professoressa di storia e filosofia al liceo Byron Cassini. Ma è la figlia di Antonio Rossi, capo servizio amministrativo dell'Oarn (le «Officine Allestimento e Riparazioni Navi» poi assorbite da Fincantieri), colui a cui si deve tutta la storia della statua della Stella Maris e il suo legame lungo un secolo con il porto di Genova.
Rossi è stato una figura molto nota in porto. Ufficiale durante la prima guerra mondiale, nel secondo conflitto scelse di aiutare in ogni modo la resistenza partigiana. In particolare collaborava con la Brigata Salerno, per tutti era il «comandante Sandro», quello che sabotava le navi tedesche in modo che si verificassero guasti dopo diverse ore che avevano lasciato il porto, in modo da non generare troppi sospetti. Temeva comunque per la sua vita e per questo scelse di non avere figli, se non a guerra finita. E con la pace inizia anche la storia della statua.
Perché quell'opera risale in realtà al Seicento. In origine era posta accanto all'antica Porta Pila. Secondo la tradizione, a quella Madonna la città si è sempre rivolta per invocare protezione dalle epidemie e dalle guerre. Il 4 luglio 1937 venne portata a Molo Giano. Non fu un semplice trasferimento, fu un avvenimento epocale per Genova, come si può vedere dalla pagina del Corriere Mercantile dell'epoca, quasi interamente dedicata all'evento. La città accompagnò la statua fino in porto con una processione solenne. In banchina venne «incoronata», le vennero consegnate le chiavi della città e fu posta accanto alla vecchia torre piloti.
Il 4 settembre 1944, al termine del devastante attacco aereo anglo-americano sul porto, la statua non era più al suo posto. Era sparita insieme a capannoni, banchine, navi. Si pensava fosse stata distrutta dalle bombe. Ma qualche anno dopo, a guerra finita, Teofilo Alocci e Marco Manenti, due palombari dell'Oarn, videro una parte della statua spuntare dal fondo sabbioso del porto. Antonio Rossi organizzò il recupero della Stella Maris, che venne ripescata presentandosi però senza il braccio destro e soprattutto senza il bambino che temeva in braccio. Proprio il Gesù risultò essere l'unica parte colpita da una scheggia e sui fondali si ritrovò solo la testa.
«Ricordo che mio padre diede tutto se stesso per quel recupero e successivamente per ottenere il restauro - ricorda oggi Berta Rossi -. Era devotissimo a quell'immagine. Io ebbi il privilegio di essere messa in braccio alla Madonna, al posto del suo bimbo. Conservo ancora una lettera bellissima che mi scrisse mio padre sul significato di quel gesto. Ogni volta che entravo in porto, il mio primo sguardo per Genova è sempre stato per quella statua. Fino a quando non ha deciso di seguire quei suoi nove figli». A conferma della devozione della città e dell'importanza di quell'immagine, Berta Rossi conserva la sua fotografia (quella riportata nella prima pagina, prima del restauro) in braccio alla Madonna, che venne benedetta e autografata dal cardinale Giuseppe Siri. Le insegne regali, la corona, lo scettro e l'avambraccio destro nel frattempo recuperato in mare, erano tornati al loro posto. La Stella Maris era ancora una volta pronta a vigilare sul porto. Qualche anno dopo, al termine del restauro, avvenuto in occasione della Pasqua del 1952, la statua venne messa su un basamento e accostata alla torre piloti di Molo Giano. Lì restò fino a quando nel 1996 venne costruita la nuova torre, quella distrutta nell'incidente. La Madonna del porto fu tolta dal basamento e inserita nello «stelo» della nuova torre.
«Facevo un po' di fatica per riuscire a vederla rispetto a prima - racconta Berta Rossi -. Ma per me era sempre un'emozione». In questa sua nuova collocazione la statua è rimasta fino a quella notte maledetta del 7 maggio scorso. «Sì, ne sono convinta anch'io - conclude la figlia di Antonio Rossi -. La Madonna ha voluto accompagnare quegli angeli in paradiso.

Con quello che è successo non poteva restare lì».

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