Cronache

Traviata, «prima» con proteste Ma l'opera non ne risente

Traviata, «prima» con proteste Ma l'opera non ne risente

«Signore e signori, siamo qui a celebrare la chiusura del Carlo Felice». Silenzio attonito in sala. La «prima» di Traviata, sabato sera, va in scena nell'oscurità della platea, una sola luce sulla ribalta, a sipario chiuso, che illumina i lavoratori, musicisti, amministrativi, tecnici e attrezzisti. «Abbiamo un sovrintendente inadeguato, una gestione del teatro dilettantistica e un cda che si è dileguato senza portare a termine il piano industriale di rilancio». Lame taglienti.
E ce n'è per tutti: sindaco (assente), presidente della Regione (assente). Uniche presenze, accanto ad un Pacor ammutolito e a Silvio Ferrari (cda), l'assessore Carla Sibilla e il sottosegretario Roberta Pinotti. «Traviata» invece ne esce incolume. Per ora. Scelta la forma di protesta alternativa allo sciopero, «perché aiutiamo il nostro teatro dimostrando la qualità del lavoro svolto»: e qui ci sta anche la benedizione di Fabio Luisi, «podio» della produzione. Poche ore ed ecco la risposta da Palazzo Tursi: «Il Comune non intende affatto tirarsi indietro - puntualizza il Sindaco Marco Doria - ma non è corretto attribuire ai singoli così pesanti responsabilità: il problema è strutturale e interessa tutte le Fondazioni liriche. Quanto al Carlo Felice, il cda ha indicato nel rinnovo dei contratti di solidarietà uno strumento essenziale per la sopravvivenza del teatro». La partita si giocherà giovedì 23, quando i sindacati incontreranno i consiglieri delegati Giorgio Nannetti e Silvio Ferrari per decidere il da farsi. Ma torniamo a sabato: il sipario si alza con mezz'ora di ritardo, ma «Traviata» piace: applausi convinti a fine serata, mezzanotte scoccata. Il nostro entusiasmo si limita al sommo Fabio Luisi, guida granitica e assoluta, a Mariella Devia, solida dimostrazione di vivida carriera e a Francesco Meli, giovane talento casalingo. Bella lettura dal podio, intensa, attenta ai risvolti drammatici che attraversano da cima a fondo la partitura: tutto con costante attenzione e rispetto del palcoscenico. Peccato alcune sfasature ritmiche nei momenti corali. Lei, Mariella Devia, Violetta non più giovane nella voce ma di indiscussa pregnanza, splendida interpretazione e toccante drammaticità: realizzata pienamente quell'evoluzione psicologica del personaggio, quel travaglio interiore che pretende una parallela trasformazione della vocalità, attenta alle agilità e ai virtuosismi, ma anche capace di slanci impetuosi e fortemente drammatici. Poi Francesco Meli, bravissimo, la voce è ferma e solida, potente, il timbro è morbido e avvolgente; canta con gusto, intelligenza e fine musicalità, ottima la resa del personaggio, splendida presenza scenica. Non possiamo dire altrettanto di Roberto Servile (Giorgio Germont), spiacevoli forzature di emissione ne hanno reso la voce poco elegante. Passiamo alla regia (Jean-Louis Grinda). Non del tutto di nostro gusto anche se rileviamo alcuni spunti originali, come l'idea del passaggio diretto dal bordello alla sala da ballo, in un contrasto miseria/lusso d'effetto; certo la tradizione vorrebbe un più composto e fine preludio a sipario chiuso, lasciando la parola alla partitura, ma la delicatezza non è certo la peculiarità delle scelte registiche in questione. L'intento è realistico e sfacciato, come del resto le coreografie. Ma ci può stare nel contesto e il buon gusto si può, nostro malgrado, mettere da parte. Un'ultima riserva sulla comparsa della misteriosa sorella di Alfredo - novità assoluta nella storia di Traviata - che in stile Kate Pinkerton passeggia sullo sfondo: si poteva evitare.

Belle scene e costumi.

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