Controcultura

Un gentiluomo nella guerra dei tre Enrichi

Daniele Abbiati

Nel libro non c'è l'indicazione di un anno a pagarla oro (e gli anni pesano, soprattutto nei romanzi storici). E soltanto pochi giorni affratellati a pochi mesi. Quindi potremmo viverla, questa lettura, come un percorso sospeso in un tempo astratto, in una nuvola di fiction. Sarebbe comunque una buona lettura, che inizia, fra l'altro, con un modello narrativo visto e rivisto cento volte al cinema: un valoroso uomo caduto in disgrazia è chiamato ad assumere un arduo compito che potrebbe segnare il suo rilancio in grande stile. Ovviamente c'è in ballo una bella femmina...

Ma se scendiamo dalla nuvola dell'immaginazione e teniamo i piedi ben piantati a terra, le vicende (per la prima volta pubblicate integralmente in italiano da Castelvecchi) di Un gentiluomo di Francia, cioè di Gaston de Bonne, signore di Marsac, scopriremo, con l'aiuto delle memorie liceali e di altri supporti meno antichi, che qui di anni in questione ce n'è uno solo, giorno più, giorno meno, fra il 1588 e il 1589. E che il cronista-scrittore, Stanley J. Weyman, è l'inglese più francese che esista, sul piano letterario. Morto nel 1928, giusto quattro secoli dopo gli eventi che utilizza quale robusta intelaiatura per sorreggere la storia che racconta, Weyman mostra di padroneggiarli alla grande, in un «cappa e spada» che era il suo pane quotidiano. Al prode monsieur de Marsac ne combina di tutti i colori, sul finire della cosiddetta «guerra dei tre Enrichi», Enrico di Guisa, leader della Lega cattolica, Enrico di Navarra, a capo degli Ugonotti, ed Enrico III di Valois. Ed è proprio l'uccisione di quest'ultimo per mano di un monaco che nel romanzo resta anonimo, ma che sappiamo essere Jacques Clément, l'atto quasi conclusivo della colossale recita.

Prima abbiamo avuto un rapimento a fin di bene, vari complotti da taverna, alcune dame mascherate e sexy alla Eyes Wide Shut, un monarca imbellettato, un altro tentennante, un timido studente trasformato in eroe, infinite galoppate nei boschi, duelli, la peste e molto altro.

Insomma, l'avventura come la si concepiva nel XVI secolo e ancora nel XIX, quando probabilmente l'Inghilterra perse un promettente avvocato, ma la Francia acquistò un gran cesellatore della sua storia.

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