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Geoffroy e il lusso della sorpresa

U na visita in Dom Pérignon è come un viaggio all'origine del sogno. Quello dello Champagne, il vino con le bolle che ha un fascino per cui non bastano le parole, anche se noi ci ostiniamo a usarle.

Quindi una visita a Hautvillers, nell'abbazia in cui c'è la tomba del monaco Pierre Pérignon al quale si attribuisce la nascita dello Champagne più o meno come lo conosciamo oggi, anche se tra gli appassionati di questo vino si ama dire che «lo Champagne si è inventato da solo». Una frase con implicazioni teologiche che fanno girare la testa più di un bicchiere di P2 dell'annata 1995 (ci arriveremo). L'abbazia in cui Dom Pérignon pregava e faceva vino fu semidistrutta durante la rivoluzione francese e fu acquistata nel 1829 da Pierre-Gabriel Chandon, gentiluomo nonché marito di Adélaïde Moët. I due (avrete già messo insieme i cognomi, no?) rimisero in sesto l'abbazia divenuta con i decenni luogo di pellegrinaggio degli amanti dello Champagne. Poi, circa un secolo dopo, nel 1936, Moët&Chandon creò una cuvée de prestige dedicata a Dom Pérignon e poi diventata marchio simbolo di un intero universo. Un mito alimentato dall'etichetta con lo scudo tripuntuto, dal fatto che le cuvée sono soltanto millesimati e prodotti soltanto nelle annate migliori.

Il privilegio della nostra visita a Hautvillers comprendeva anche l'enorme fortuna di fare una degustazione delle migliori ultime annate in compagnia di chi le ha create, quel Richard Geoffroy che di DP è lo chef-de-cave oltre che un uomo dal carisma inclassificabile, più vasto ancora perché rarefatto. Ecco quindi sfilarci davanti il vintage 2009, il Rosé 2005, il P2 (Plénitude Deuxième) 2000, 1998, 1996, 1995, poi un nuovo salto in avanti con il 2003. «La sorpresa è un lusso», sorride Geoffroy.

Provate a dargli torto.

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