Guerra Libia

Gheddafi scatena i carrarmati. I ribelli si bombardano da soli

Il Colonnello va all’assalto delle città occupate dai rivoltosi che per errore fanno esplodere un loro deposito munizioni: 30 morti. Un caccia del raìs sarebbe stato abbattuto dagli insorti. Morti i due piloti

Gheddafi scatena i carrarmati. I ribelli si bombardano da soli

Bengasi - Seduto su un muretto di cemento, il fucile alla mano, Mansour Urfali aveva detto pochi giorni fa che aspettava la caduta di Ras Lanuf per muoversi con altri uomini armati verso ovest. Era arrivato a Brega, sulla linea del fronte, per combattere. Ieri, la strategica cittadina petrolifera di Ras Lanuf, sede di una importante raffineria, è tornata sotto il controllo delle forze rivoluzionarie. In Libia, in queste ore, il fronte resta incerto. I ribelli dell'Est, in arrivo da Bengasi e da altre città della regione, stanno cercando di spingersi verso Sirte, roccaforte del colonnello Gheddafi. Intanto, le forze del regime stanno attaccando da ovest. Ieri, nella mossa più cruenta della nuova controffensiva governativa, i carri armati sono entrati nella città di Zawiya, a 48 chilometri da Tripoli. I miliziani avrebbero usato l'artiglieria pesante e sparato sulla folla. Non è però chiara l'esatta dinamica degli eventi né il numero delle vittime: forse una decina, dice uno dei pochi giornalisti occidentali sul posto, un reporter di Sky News, forse 30, per al Jazeera International.
Il successo dei sostenitori della rivoluzione a Ras Lanuf, dove un cacciabombardiere di Gheddafi sarebbe stato abbattuto da una delle batterie antiaeree mobili dei ribelli provocando due morti, fa pensare che i ribelli siano pronti a marciare su Sirte, e poi su Tripoli, ma le forze anti-regime rimangono mal organizzate e mal addestrare. In Libia la leva militare è obbligatoria. La maggior parte degli uomini adulti è in grado di utlizzare armi leggere. Nei depositi dell'esercito, però, ci sono anche munizioni che richiedono un certo grado di addestramento. Venerdì sera, a Rajma, uno dei maggiori depositi di munizioni della Cirenaica, appena fuori Bengasi, c'è stata un'enorme duplice esplosione. I vigili del fuoco e i volontari hanno combattuto per ore contro le fiamme. Almeno tre edifici si sono ripiegati su se stessi per la forza dell'esplosione. La scena, venerdì sera, era apocalittica: il fuoco e un denso fumo nero rendevano l'aria irrespirabile, le autoambulanze arrivavano a decine. Le vittime della deflagrazione sono almeno 30, tra cui molti civili, residenti nell'area. Sul posto, giovani armati e molto agitati raccontano che la base è stata bombardata da aerei da guerra. Nessuno però li ha visti. Per altri, è stato un sabotaggio: «Sono arrivati sulle jeep», assicurano. L'esplosione potrebbe anche essere stata causata da un errore umano. La santabarbara, spiegano fonti militari sul luogo, era stata aperta per rifornire i volontari prima di partire al fronte. «Non siamo tuttora sicuri se si tratti di sabotaggio, raid aereo o incidente», ha detto uno dei protavoce dei rivoluzionari, Mustafa al Gheriani.
La mancanza di addestramento militare non ha impedito ai giovani dell'est di partire. É difficile capire quanto la discesa verso il fronte sia un'operazione coordinata con i vertici militari piuttosto che una carica spontanea. Ieri, il Consiglio Nazionale Libico, istituzione autonominatasi pochi giorni fa, ha tenuto il suo primo incontro a Bengasi: «Siamo gli unici rappresentanti del Paese» hanno detto. Il portavoce, l'avvocato Abdelhafiz Ghoka, e il presidente, l'ex ministro della Giustizia di Gheddafi, Mustafa Abdel Jalil, hanno annunciato la nomina di un rappresentante militare, Omar Hariri, ex ufficiale che fece con Gheddafi la rivoluzione del 1969 e che ora dovrebbe occuparsi dell'offensiva verso Ovest. Il Consiglio, ha detto al Giornale Eman Bugaghis, portavoce dei ribelli al tribunale di Bengasi, quartier generale dell'opposizione, vuole proporsi come interlocutore per il mondo esterno, che da giorni fatica a trovare un volto con sui trattare. Ed è per questo che ieri sono stati resi noti i nomi di due rappresentanti per le relazioni internazionali: Mahmoud Jibril e Ali al Eissawi, uno dei primi diplomatici a dimettersi.

Per ora, però, dicono al tribunale, non ci sono ancora contatti con i governi esteri.

Commenti