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Giappone, il mondo pensa solo al nucleare e scorda il dramma umanitario del dopo sisma

Nove giorni fa il Paese è stato distrutto dal terremoto, ma la macchina degli aiuti internazionali non è ancora partita. Torna l'energia elettrica: si accende la speranza per la centrale a rischio. Storia a lieto fine: l'Sos dipinto su una coperta salva i naufraghi dello tsunami

Giappone, il mondo pensa solo al nucleare  
e scorda il dramma umanitario del dopo sisma

Ci siamo fatti contagiare dagli spinaci e dal latte radioattivi. Ci siamo fatti inghiottire dai tremori internazionali di notizie false e tendenziose. E abbiamo perso di vista il problema. Eppure il problema, con tutto il rispetto per i reattori incandescenti della centrale nucleare di Fukushima, non è un problema di poco conto. È un terremoto di 8,9 gradi di magnitudo. Un terremoto che, tra morti e dispersi, ha annientato la vita di 20 mila persone. E ha fermato il cuore di un Paese che, proprio con il ritmo invidiabile del suo cuore e di quello della sua gente, aveva costruito la sua fortuna.
È venerdì 11 Marzo, sono le 14.45 locali quando la vita di milioni di persone cambia in pochi minuti, quando il più grande terremoto mai avvenuto nel Paese che coi terremoti è abituato a convivere, sconvolge la parte nord-orientale dell'isola Honshu, con epicentro a circa 370 chilometri da Tokyo, e innesca un terribile Tsunami che si abbatte sulle coste affacciate sul Pacifico. In una girandola di morte e distruzione si susseguono scosse che incrinano edifici fanno deragliare treni, lasciano senza energia elettrica centinaia di paesi. E ciò che non fa il terremoto riesce a farlo con una furia agghiacciante lo Tsunami. Onde alte dieci metri che avanzano sulla terraferma e trascinano via per sempre uomini, donne, bambini, case, scuole, strade e auto come fossero modellini di cartapesta.
Ce lo siamo già dimenticati quel venerdì 11 Marzo? Forse sì. Forse, tutti presi come siamo dal dibattito sul nucleare. Impegnati a discettare sui test di radioattività, sul sushi sì e sushi no e sulla pillole allo iodio, abbiamo già cancellato quei fotogrammi di morte, quelle onde mostruose, quei bambini in lacrime, quegli anziani disperati che arrancano tra le macerie di una casa che fu, per cercare un ricordo, anche uno solo, che li tenga aggrappati alla vita. E così le catene di solidarietà, la macchine degli aiuti umanitari che subito si misero in moto per Haiti, non sembrano nemmeno essere partite per aiutare la terza potenza del mondo a risollevarsi. Tutti preoccupati come siamo di sapere se nelle scatole di tonno, che stanno sugli scaffali dell’ipermercato da mesi si sono infilate, scorie radioattive made in Japan. Eppure ci sono scampoli d’emozioni vere, di storie toccanti. Ci sono settantamila bambini giapponesi senza una casa. Bambini che sanno più dove trovare acqua potabile, che non possono più riscaldarsi perché non ci sono più ne gas né elettricità. Bambini che cercano invano i genitori. Si scava tra le macerie con una speranza sempre più flebile. Anche se un miracolo può sempre accadere.
Come quella bimba di soli quattro mesi che, i volontari, richiamati dal suo pianto, hanno estratto viva dai detriti, tre giorni dopo il sisma. L’onda anomala l’aveva strappata a sua madre nel villaggio d’Ishinomaki. Ce la ricordiamo quella tenerissima commovente foto della neonata che rinasce per la seconda volta, tra le braccia di uno dei volontari? O abbiamo dimenticato anche quella? E ce lo ricordiamo l'insegnante eroe che ha salvato la sua intera classe a Ofunato quando, appena ha visto il mare infuriarsi, ha capito che bisognava correre tutti più in fretta possibile e arrampicarsi in cima alla collina per scampare alla morte? C'è rimasto un giorno e una notte lassù, prima di decidersi a scendere a valle con i suoi 42 alunni. Solo che la valle era diventata oramai una valle di fango, macerie e morte.
Le persone rimaste senza casa sono circa 400 mila. Ma i rifornimenti di cibo, carburante, coperte continuano ad arrivare col contagocce.

Lo stesso contagocce con cui stiamo dosando la nostra sensibilità.

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