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Il ginocchio mette in ginocchio gli italiani. I consigli dell'esperto

Ogni anno più di 75mila persone vengono ricoverate per patologie legate al ginocchio. Importante, in questi casi, una diagnosi corretta. Per Ezio Adriani, responsabile SportClinique della Mater Dei di Roma, «meglio stare con un menisco rotto che senza»

Basta un niente, una caduta sugli sci, uno scontro giocando a calcetto, un piede messo male scendendo le scale, uno scivolone in casa, e il ginocchio cede. Oppure sono gli acciacchi dovuti all'età, l'artrosi, a fargli fare «crac». Sono numeri da capogiro quelli delle persone che soffrono per menisco e legamenti, più le donne degli uomini. Ogni anno sono più di 75mila i ricoveri per queste patologie, circa 200 ogni giorno. Un esercito quelli che decidono di non andare in ospedale. Un problema talmente frequente che molti finiscono con il considerarlo quasi ineluttabile. Ma non è così, come spiega uno dei massimi esperti del ginocchio, Ezio Adriani, responabile della SportClinique della clinica Mater Dei di Roma. «I problemi al ginocchio vanno affrontati - dice il medico - perché si possono risolvere. Fondamentale è una tempestiva e corretta diagnosi e, a seguire, l'indicazione su cosa fare, su come intervenire. È da qui che si deve partire, mentre spesso molte persone rimangono bloccate da diagnosi non fatte o fatte male che danno il via ad indicazioni non appropriate». Fondamentale, dunque, mettersi nelle mani di chi è in grado di individuare subito il problema. Serve, insomma, la specializzazione del dottore. Fisioterapisti o massaggiatori, ai quali spesso si chiede consiglio, non hanno gli strumenti per fare una valutazione corretta. E nemmeno il medico di base o un ortopedico non specializzato nel ginocchio. La diagnosi, inoltre, deve essere supportata dalla migliore diagnostica radiologica possibile, con la risonanza magnetica. E, in caso di urgenza, lì dove è possibile scegliere, meglio un Centro di Traumatologia d'Emergenza di un qualsiasi Pronto Soccorso.
Per Adriani, comunque, la parola d'ordine è «salvare il menisco». «Meglio stare con un menisco rotto che senza - spiega l'esperto - soprattutto dopo i 40-50 anni. Ovviamente non è possibile in tutti i casi, ma è bene provarci». Si deve intervenire in altro modo: con la fisioterapia, con le infiltrazioni (di acido ialuronico o fattori di crescita piastrinici), con i farmaci. Una volta risolta la fase acuta il corpo si adatta e si riprende una vita normale. «Il dilemma avviene intorno ai 50 anni - osserva Adriani - Cosa fare? Sono pazienti troppo avanti con l'età per fare una sutura del menisco, troppo giovani per non intervenire. È una scelta da non fare con leggerezza. Perché chi è senza menisco va più velocemente incontro ad artrosi.

Ecco perché da qualche anno si è iniziato a sostiture il menisco con piccole protesi biocompatibili o, in casi particolari, con un trapianto di menisco umano fornito dalle banche dei tessuti».

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