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Il gioco negli animali? Li educa anche alla morale

Per Darwin giocare è la sintesi della felicità. Ma forma il cervello, allena alla vita e insegna le regole sociali

Oscar Grazioli

«Quella esibita dai giovani animali come i gattini e gli agnelli, quando giocano assieme, è la migliore rappresentazione della felicità. Come accade per i nostri figli». Così scrive Charles Darwin nel suo classico del 1872 l'Origine dell'Uomo. La maggior parte degli animali conosciuti esibisce questo comportamento e il gioco sembra renderli felici.

La ricerca però ha anche dimostrato che il gioco, per usare un ossimoro, è una faccenda seria e molti studiosi sostengono che abbia un significato nel campo dell'evoluzione e che sia fondamentale per lo sviluppo di una serie variegata di successi sociali.

Marek Spinka, studioso del comportamento animale all'università di Praga è convinto che il gioco, con le sue finte cadute, gli scivoloni e le varie acrobazie che implica, aiuti a preparare gli animali alla perdita dell'equilibrio che provano nelle prime fasi dell'attacco da parte di un predatore, momento in cui si trovano spesso scoordinati fisicamente dalla paura. Le evoluzioni fisiche infantili insite nel giocare assieme, li aiuterebbe a riprendere più velocemente la coordinazione motoria e aumenterebbe il grado di successo nella fuga dalla predazione. In più, sempre secondo Spinka, il gioco li aiuterebbe a superare le emozioni negative dovute a una «battaglia» persa durante una interazione aggressiva. Insomma, il gioco prepara il cervello a gestire quello che non ci si aspetta.

Addirittura per Mark Bekoff, biologo dell'Università di Denver (Colorado) il gioco può contribuire allo sviluppo della moralità. Scrive Bekoff: «Durante il gioco sociale, persone e animali si divertono in un ambiente relativamente sicuro e apprendono regole di base accettabili per gli altri: fino a che livello si può mordere, quanto pesantemente si può interagire e come risolvere i vari conflitti. C'è un vantaggio nel giocare in modo equo e nel fidarsi di regole comuni a tutti gli altri che partecipano e questo comporta un maggiore equilibrio sociale da adulti».

Dal punto di vista neurologico, la ricerca ha messo in luce che il gioco può contribuire allo sviluppo sano del cervello. Nei giovani ratti, il gioco sociale attiva le molecole cerebrali che possono facilitare in futuro l'apprendimento e la memoria.

Qualunque siano le funzioni evolutive del gioco, sappiamo che gli uccelli e i mammiferi giocano e ci sono diverse prove che anche i rettili, i pesci e gli insetti lo possono fare. In alcuni esempi, dei tantissimi che potremmo citare, possiamo notare come alcuni giochi di animali sembrano avere uno scopo concreto, ma altre volte, gli animali sembrano giocare per lo stesso motivo per cui gli esseri umani lo fanno: solo perchè è divertente.

Più di un secolo fa, Charles Holder, zoologo e biografo di Darwin, fu il primo a riferire che, anche nei giorni di calma e senza predatori in vista, i pesci si divertono a saltellare fuori dell'acqua il che, oltre a farli divertire, li prepara a salti di fuga quando ce ne sarà bisogno.

Non appena i piccoli canguri lasciano la borsa materna, si mettono a «boxare» con madri e fratelli. Un puro piacere che però diventerà importante da adulti, quando l'abilità nella boxe sarà importare nello stabilire il leader del gruppo sociale.

I giovani corvi giocano con qualunque oggetto gli capita a tiro. Oltre al piacere del gioco questo gli serve per distinguere gli oggetti sicuri da quelli pericolosi.

Diceva Albert Schweitzer: «Ci sono due cose che mi alleviano le fatiche della vita: la musica e i giochi dei gatti».

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