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La giunta birmana cede: San Suu Kyi oggi libera Grande attesa a Rangoon

La leader dell’opposizione democratica birmana, arrestata la prima volta nel 1988 dopo che aveva organizzato la Lega nazionale per la democrazia, sta per tornare in libertà dopo 15 anni di prigionia (sette agli arresti domiciliari)

La giunta birmana cede: 
San Suu Kyi oggi libera 
Grande attesa a Rangoon

Rangoon - E' forte l’attesa, in Birmania e nel mondo, per il rilascio di Aung San Suu Kyi. Mentre alcuni diplomatici sono stati visti entrare nel pomeriggio nella casa della leader democratica a Rangoon, secondo l’inviato del quotidiano britannico "Guardian" la donna non avrebbe accettato le restrizioni sui suoi movimenti a cui il regime intendeva sottoporla, nel tentativo di impedirle il contatto con la popolazione. Fonti dell’entourage della leader dell’opposizione fanno sapere che l’attesa per la liberazione slitta a sabato, anche se le autorità avrebbero già firmato i documenti necessari. Alla folla radunatasi davanti alla sede del partito guidato da Suu Kyi è stato detto di tornare a casa. I termini degli arresti domiciliari del premio Nobel - prigioniera in casa ininterrottamente dal 2003 - scadono ufficialmente il 13 novembre.

Documenti firmati I documenti relativi al rilascio sono stati firmaati. La leader dell'opposizione democratica birmana ha firmato la lettera di rilascio attorno alle 12 locali. Il suo legale, Nyan Win, ha fatto sapere che "una volta libera Suu Kyi terrà una conferenza stampa nella sede del partito".

La prigione La leader dell’opposizione democratica birmana fu arrestata nel 1988 dopo che aveva organizzato la Lega nazionale per la democrazia (Lnd), a seguito della sommossa popolare filo-democratica repressa nel sangue nell’agosto di quell'anno. La Lega ottiene una vittoria schiacciante alle legislative del 1990, ma la giunta al potere non riconobbei risultati.

Il Nobel per la pace L’anno successivo la San Suu Kyi riceve il premio Nobel per la Pace, ma tornerà in libertà solo nel luglio 1995. Nel 1998 lancia un ultimatum inascoltato al governo, chiedendo di convocare l’assemblea eletta nel 1990. Nel settembre 2000 è sottoposta di nuovo agli arresti domiciliari, ma riapre negoziati - in segreto - con la giunta militare grazie alla mediazione di Razali Ismail, inviato speciale dell’Onu in Birmania. Nel maggio 2002 viene rilasciata in presenza della stampa straniera.

Di nuovo in cella per una visita Nel maggio 2009 arriva una nuova doccia fredda: proprio mentre sperava di essere liberata, ospita un cittadino americano nella sua abitazione per due giorni. La giunta militare accusa San Suu Kyi di avere violato le condizioni della pena e, il 14 maggio, la trasferisce in prigione. La donna viene condannata a tre anni di prigione e di lavori forzati, quindi la sua pena viene commutata in 18 mesi supplementari di arresti domiciliari.

Sciolto il suo partito Il Nobel per la Pace, a questo punto, riprende i suoi contatti con i militari, chiede un incontro con il "generalissimo" Than Shwe, propone un contributo per la rimozione delle sanzioni occidentali. Ma le leggi elettorali del marzo 2010 costringono la Lega nazionale per la democrazia a scegliere tra l’esclusione della loro leader e la rinuncia allo scrutinio.

Il partito opta per la seconda opzione e viene ufficialmente sciolto. 

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