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Giustizia, è scontro tra Anm e governo "Toghe politicizzate non mi fermano"

Botta e riposta tra il sindacato della toghe e il Guardasigilli. Magistrati verso lo sciopero, Alfano: "La loro è guerra preventiva alle riforme". Berlusconi guarda avanti e non tentenna: "La Costituzione dice che la sovranità appartiene al popolo. Adesso però la sinistra vuole stracciarla"

Giustizia, è scontro tra Anm e governo 
"Toghe politicizzate non mi fermano"

Roma - «La sovranità appartiene al popolo». Davanti ai quasi cinquanta dirigenti campani riuniti nel parlamentino di Palazzo Grazioli, Silvio Berlusconi cita l’articolo 1 della Costituzione per tornare a ribadire che non si farà «fermare» dalla «magistratura politicizzata». Ma pure, ragiona nei capannelli che si formano appena finito l’incontro, per spiegare come l’opposizione non perda occasione per «usare la Carta come più gli fa comodo» visto che è proprio l’articolo 1 che il centrosinistra sta cercando di «stracciare» con i suoi «continui tentativi» di disarcionarlo nonostante «un’investitura popolare inequivocabile». Una situazione «insostenibile», ripete il Cavaliere. Un clima su cui pesa anche «l’atteggiamento dei media» che - è il suo ragionamento - ingigantiscano qualunque cosa possa metterlo in cattiva luce, dal «singolo urlo di dissenso» che sui giornali diventa poi una contestazione vera e propria fino alla battuta derubricata sempre a gaffe. «Non capiscono - dice - che l’ironia serve per creare il clima e preservare l’allegria. Io sono fatto così, magari un po’ birichino, ma certo non posso cambiare alla mia età». Tanto che dopo aver promesso di visitare presto la Campania («voglio andare ad Acerra e poi a Pompei»), non perde l’occasione della battuta: «Le escort le porto io!».

Berlusconi, dunque, mette uno dietro l’altro quelli che a suo avviso sono «i problemi che affliggono il Paese» e - visto anche il clima che si è creato negli ultimi mesi - non sembra stupirsi troppo della minaccia recapitata ieri alla redazione de Il Riformista. «Continuerò a lavorare come sempre», dice nella seduta a porte chiuse del parlamentino di Palazzo Grazioli. Anche se, aggiunge, siamo davanti a una vera e propria «emergenza democratica». Il Cavaliere torna a parlare dei suoi processi, definisce «ridicole» le accuse del caso Mills e si sofferma sulle immagini di Raimondo Mesiano - il giudice che ha scritto la sentenza che condanna Fininvest a risarcire con 750 milioni di euro la Cir di Carlo De Benedetti - mandate in onda da Mattino 5. Una scelta che lascia il premier «perplesso», anche se Berlusconi esclude che si tratti di un servizio ad hoc o che il magistrato fosse stato spiato. Quelle riprese, dice durante un capannello con alcuni parlamentari, sono state fatte con un telefonino da un dirigente di An. Detto questo, il premier non risparmia critiche a Mesiano, che «è stato premiato con il massimo di aumento di stipendio» dopo la sentenza contro Fininvest. E non solo, aggiunge. Perché «indovinate dove l’hanno trasferito?». «Casualmente - si risponde da solo il Cavaliere - nella stessa sezione che dovrà giudicare il ricorso». Certo, non sarà lui a farlo, ma - lascia intendere Berlusconi - sarà «gomito a gomito» con chi dovrà giudicare l’appello. Qualche perplessità anche su alcuni «comportamenti strani di Mesiano», perché - osserva il premier - ci sono giudici che parlano da soli sulle panchine.

Tutte ragioni, quelle elencate nell’intervento davanti ai dirigenti campani, che lo convincono sempre di più della necessità di una svolta. È per questo che sulle riforme si andrà avanti spediti, cercando sì la massima condivisione con le opposizioni - è questo il compito affidato ai capigruppo - ma senza accettare veti e pronti a far da soli per poi andare a chiedere il «giudizio del popolo» con il referendum confermativo. Una road map che dovrebbe essere nero su bianco già a novembre con tre diversi ddl costituzionali: presidenzialismo e riduzione del numero dei parlamentari; Senato federale e riforma del Titolo V; riforma della giustizia. Tre corsie diverse, dunque, che potrebbero chiedere anche tempi diversi, rischiando dunque di portarsi dietro qualche sorpresa e magari anche qualche nuovo veto interno alla maggioranza. Magari proprio sulla riforma della giustizia a cui tiene tanto il Cavaliere. Anche per questo, forse, Berlusconi ieri è tornato ad escludere elezioni anticipate perché «abbiamo tante riforme da fare».

Concetto che può essere così ribaltato: o si fanno le riforme o si torna alle urne.

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