Un governo che rischia di sopravvivere a tutto

Cade o non cade? E se cade quando avviene il capitombolo? Ad ottobre, dopo la manifestazione in piazza della sinistra antagonista contro la legge Biagi? Oppure a novembre, in occasione della discussione di una Finanziaria che, dopo lo sperpero del tesoretto e l’inattesa battuta d’arresto dell’economia nazionale, rischia di essere ancora una volta ispirata a «lacrime e sangue»? Sfogliare la margherita sulla sorte del governo di Romano Prodi è una delle occupazioni principali delle vacanze d’agosto. Non c’è ombrellone marino o tavolata nelle malghe alpine dove non si apra un dibattito sul tempo di sopravvivenza della coalizione di centro sinistra. Con una attenzione ed una partecipazione che rendono fin troppo evidente come l’auspicio generale sia che qualcuno stacchi al più presto la spina e ponga fine allo strazio.
A dispetto dell’umore e della speranza prevalenti dell’opinione pubblica, però, gli addetti ai lavori della politica sembrano pensarla in maniera diversa. Certo, Silvio Berlusconi preannuncia grandi battaglie alla ripresa autunnale con l’obbiettivo dichiarato di mandare a casa l’esecutivo ostaggio dell’ultrasinistra e responsabile della paralisi del Paese. Lo stesso fanno gli altri leader del centrodestra. Ma quando Umberto Bossi lancia la minaccia dello sciopero fiscale sostenendo che senza un atto così traumatico Prodi può restare a Palazzo Chigi fino alla fine della legislatura, il significato delle sue parole è fin troppo chiaro. Il leader leghista non è affatto ottimista sulla eventualità che il centro sinistra cada in autunno come una foglia ingiallita. E pensa che solo una iniziativa più clamorosa ed inusuale della solita spallata possa ottenere il risultato sperato.
Il tradizionale fiuto politico di Bossi coglie nel segno? Nella maggioranza sono in tanti a dargli ragione. A partire, ovviamente, dallo stesso Romano Prodi che ribadisce seraficamente di essere destinato a governare fino al 2011. Giulio Andreotti, teorico del celebre «è meglio tirare a campare che tirare le cuoia», è convinto che il governo possa andare avanti ancora a lungo. Non perché l’esecutivo abbia il vento in poppa, ma perché non ha alternative. A partire da quella istituzionale, che per essere praticabile avrebbe bisogno della disponibilità del personaggio delle istituzioni che la dovrebbe gestire. Cioè del presidente del Senato Franco Marini, troppo impegnato a piazzare il suo marchio sul futuro Partito Democratico per pensare di guidare un governo abilitato solo a far celebrare le elezioni anticipate. Nel centro sinistra sono in molti a condividere la previsione di Andreotti.
Con una sola eccezione. Che è quella dell’ultrasinistra, che crede nella durata del governo Prodi ma nel dubbio ha già avviato la sua campagna elettorale sulla legge Biagi tesa a recuperare il consenso del proprio blocco sociale. Nel dubbio, in sostanza, la sinistra antagonista si prepara al voto nella primavera del prossimo anno.

E, paradossalmente, per questo sta diventando l’unica speranza per quella opinione pubblica che sfoglia la margherita al mare e ai monti.

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