Politica

Guerra contro la Lega, Bersani sfida il Senatur: "Fermerò il federalismo"

Fallita la spallata in parlamento, la maggioranza si rafforza. Alla sinistra non riesce nemmeno il golpe di piazza. Allora Bersani dichiara guerra a Bossi: "Faremo saltare il tavolo sul federalismo". Ma non ha i numeri per farlo

Guerra contro la Lega, 
Bersani sfida il Senatur: 
"Fermerò il federalismo"

Roma - Assalto alla Lega. Pier Luigi Bersani chiama a raccolta le truppe democratiche per tentare il tutto per tutto. Dopo aver bucato la rivolta di piazza ed essersi scontrato contro una maggioranza che, di giorno in giorno, si rafforza sempre di più rendendosi così autonoma, il leader del Pd cambia strategia e dichiara guerra al Senatur: "Se sostiene il miliardario (Silvio Berlusconi, ndr), faremo saltare il tavolo sul federalismo".

A Bersani non restano che le minacce. Lo aveva fatto lunedì per scongiurare la proposta di legge targata Carroccio di istituire "milizie" regionali a sostegno della Protezione Civile, lo fa oggi per spingere i parlamentari leghisti a non votare la prescrizione breve. La merce di scambio è sempre il federalismo. O meglio: lo spauracchio di buttare in aria il tavolo dei lavori. Insomma, un vero e proprio ricatto. D'altra parte a Bersani e all'opposizione non resta che questo. Da quel 14 dicembre, da quando cioè il governo ha incassato la fiducia del parlamento, la maggioranza si è rimboccata le maniche e si è messa al lavoro. Dopo aver incassato ieri uno dei voti più delicati e importanti per la tenuta del governo, quello sul conflitto di attribuzione, Berlusconi è, infatti, convinto che la legislatura andrà avanti: i numeri della maggioranza sono destinati a crescere ancora. L'obiettivo è di 330 deputati. Lo ha fissato lo stesso premier. A rinsaldare le fila della maggioranza arrivano i due LibDem, Melchiorre e Tanoni, che portano l’asticella a 323. E presto, spiega chi sta seguendo la partita, ci saranno altri due nuovi arrivi: c’è chi parla di due Mpa.

Al consueto ottimismo sfoggiato ieri da Berlusconi, si contrappone la strategia scomposta di Bersani che tenta il tutto per tutto pur di affondare il governo. Dalla chiamata alle armi in piazza all'ostruzionismo dei lavori parlamentari. Strategie che si sono subito rivelate dei flop. Così, proprio nel giorno in cui la Camera sfratta i giudici di Milano approvando con dodici voti di scarto la proposta di sollevare davanti alla Corte costituzionale il conflitto diattribuzione nel processo Ruby, la piazza del Pantheon che avrebbe dovuto gridare contro il Cav è rimasta semi vuota. Non è bastata nemmeno la chiamata alle armi di Bersani e gli sms di Franceschini. Più che manifestanti i fotografi hanno immortalato i turisti.

Flop dopo flop Bersani prova ora a minacciare la Lega Nord. "Il Pd dichiara guerra alla Lega, e ha mille motivi per farlo", ha tuonato oggi il segretario piddì spiegando i motivi della campagna contro il Carroccio. "Abbiamo mille motivi per prendere di punta la Lega e lo faremo". E tra i primi c’è "l’appoggio del Carroccio alle leggi ad personam del miliardario". Per non parlare degli eserciti regionali: "Se Bossi va avanti con questa follia può saltare il tavolo sul federalismo". Anche perché, è il ragionamento di Bersani, "il federalismo noi lo vogliamo. Ma a modo nostro". Eppure era stato proprio il segretario democratico in un'intervista alla Padania datata 15 febbraio a dialogare sul processo sul processo federalista. "La Lega ci rifletta - aveva detto Bersani - e ci chieda pure, giustamente, cosa succede dopo, con uno scenario diverso, pur nelle reciproche distinzioni". Una disperata ricerca, da parte della sinistra, di ogni possibile escamotage per provare a mettere in crisi la maggioranza. "Noi rivendichiamo e vogliamo coltivare, rinnovandola, questa nostra antica tradizione - aveva spiegato Bersani - abbiamo in testa 'l'Italia delle autonomie', l'idea cioè che con la responabilità diretta dei territori si possa arrivare sia a un livello comune di cittadinanza e di servizi, sia alla possibilità che chi ha una marcia in più possa correre". Ora è tutto saltato. Dialogo e minacce hanno lo stesso scopo: erodere la stabilità di governo. Il Pd sposa di volta in volta, a seconda delle proprie convenienze politiche contingenti, tesi opposte: fino a ieri il Carroccio era l'unica forza autenticamente popolare, insieme al Pd, con cui dialogare, oggi diventa l'espressione più volgare della politica.

Oggi dobbiamo aspettarci: elmetto in testa e fucile in spalla.

Il ministro Roberto Calderoli ride sotto i baffi. "Vogliono fare guerra alla Lega? Per me va bene. Però è strano, ho appena parlato con Bersani e non mi ha detto niente...".

Forse perché il leader del Pd sa di non aver i numeri per ricattare nessuno. 

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