La guida incerta del Professore

Pietro Mancini

Sono sempre più numerosi gli esponenti di primo piano e gli osservatori ulivisti a subire la incerta guida del Professore come una sorta di stato di necessità, priva di alternative, ma solo a causa dei ristretti limiti di tempo, che ci separano dalle politiche. Che si svolgeranno nell’aprile 2006 e non tra due mesi, come sa bene, al di là delle sparate propagandistiche, anche Piero Fassino. Sui problemi etici, cruciali per l'elettorato moderato e centrista, l'ex ministro dell'Industria del governo Andreotti del 1978 non viene ritenuto proprio, e non solo da Rutelli, capace di impostare, con accortezza e capacità di «rassembler», un dialogo tra laici e cattolici. Uscito sconfitto dai referendum sulla fecondazione assistita, oggi, il Professore non solo annaspa, innestando brusche accelerate seguite da imbarazzate retromarce, sulle delicate e sentite problematiche etiche, ma accoglie tutte le richieste (tranne le nozze tra omosessuali), rispettabili ma certo non maggioritarie, nel Paese come nell'Ulivo, di Franco Grillini, il deputato ds che presiede l'Arcigay. Ma - chiediamo a Fassino e a Rutelli - voi siete veramente convinti che il candidato premier del centrosinistra possa farsi portatore, in Italia, dove ancora le tradizioni e le posizioni della Chiesa hanno una grande influenza, della più trionfante cultura individualista, quella che si riconosce in queste parole del regista spagnolo Pedro Almodóvar, pronunciate all'indomani delle discusse e radicali riforme di Zapatero: «Finalmente lo Stato ha riconosciuto la realtà! Finalmente, gli uomini e le donne potranno scegliere di vivere, seguendo i propri desideri e le proprie inclinazioni»? E, non a caso, Rutelli ha già preso le distanze dalla proposta prodiana, bocciando i Pacs e recependo, da ex pannelliano pentito, il fermo «vade retro, gay!» del cardinal Ruini e delle gerarchie cattoliche.
In realtà, sposando le posizioni di Grillini e rinunciando a esprimere una linea non bigotta, ma moderna e insieme più prudente ed equilibrata, Prodi si limita a incassare gli applausi degli aspiranti «zapateri» nostrani (i Salvi, i Folena, i Diliberto, che applaude persino Fidel Castro...) e delle élites, che hanno già dimenticato la batosta subita sui referendum sulla fecondazione e si credono, sempre, all'avanguardia, sull'aborto, sulle richieste degli omosessuali e sulla libera provetta. E bollano come oscurantisti e retrivi quanti, pur non volendo discriminare i diritti delle minoranze, ritengono ancora, forse ingenuamente, che i figli nascano da una donna e che, crescendo, abbiano bisogno del padre e della madre.
Lo stesso errore, di supponenza e di sottovalutazione del comune sentire dell'opinione pubblica, pure di quella vicina alla sinistra più responsabile, il Professore lo ha compiuto sulla guerra in Irak, definendo, sprezzantemente, «forze di occupazione» i valorosi soldati italiani, impegnati nella provincia irachena di Di Qar nella pacificazione e nella graduale costruzione della sicurezza e della democrazia in quel Paese. Prodi si illude - dopo la bufera suscitata con la sua poco meditata sortita sulle coppie di fatto, seguita da un’immediata ma non convincente ritirata spagnola e dall’annuncio delle barricate unioniste contro la nuova legge elettorale - di coprire, solo con il brusco veto all’imbarco di Pannella nell’Ulivo, le profonde difficoltà di coesistenza tra le diverse anime del centrosinistra, in primis quella riformista e quella barricadiera. All'Unione, per liberarsi dall'italo-provincialismo del XXI secolo, che porta capi e peones a rifugiarsi dietro slogan come «todos Zapateros!» e «tutti in piazza a difendere la democrazia contro la infame nuova legge-truffa!» - occorrerebbe una leadership più autorevole, meno oscillante e più consapevole del fatto che le elezioni non si vincono né sulle unioni tra i gay, né sulla difesa all'arma bianca del «Mattarellum».

Ma sulle questioni sociali, sull'occupazione, sul Mezzogiorno e sulle aspettative, ben più concrete, che, snobbate dai sussiegosi maîtres à penser e dai dotti ma inascoltati intellettuali, stanno a cuore, e molto, alla maggioranza dei cittadini.

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