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«Hanno ucciso mia figlia per gioco Mi vergogno per chi li ha liberati»

Civitanova Marche Adesso sono agli arresti domiciliari, a luglio saranno liberi. Il 26 dicembre del ’96 i fratelli Franco, Paolo e Alessandro Furlan, con il cugino Paolo Bertocco, lanciarono dal cavalcavia di Tortona il masso che uccise a 31 anni Maria Letizia Berdini. La banda della Cavallosa colpì per noia, lungo l’autostrada Piacenza-Torino, avevano fra i 18 e i 25 anni. Il marito di Letizia, Lorenzo Bossini si salvò per puro caso. Fa il geometra a Passirano, nel Bresciano, non vuole commentare: «Non ho nessun interesse a farlo - risponde al telefono dallo studio -, non mi interessa. Sto benissimo. Ho clienti davanti a me, mi scusi». Nei primi anni '90 aveva frequentato una donna che fu uccisa dall’ex fidanzato, con Letizia si era rifatto una vita, adesso ci sta provando per la terza volta. Il padre della ragazza marchigiana, Vincenzo Berdini, ha 78 anni, vive sempre a Civitanova, con la moglie Mara, 72 anni, e le altre due figlie: Maria Rosa (50) e Maria Grazia (46).
«Bella roba che succede in Italia - racconta -. Ci siamo capitati noi, in questo ingranaggio imperfetto della giustizia. Per me è stata una mazzata, colpa dell'indulto».
Parlerebbe così anche se la tragedia non avesse riguardato la sua famiglia?
«Mi metterei dalla stessa parte, soffrirei uguale. Un uomo di buon senso non può restare insensibile di fronte a un fatto così. Se uno se ne frega, è un altro discorso».
I giudici dove hanno mancato?
«Hanno fatto il loro dovere, facendo rispettare la legge. Se il ministro concede l'indulto, il giudice deve applicarlo. La realtà è che chi ammazza una persona è protetto dallo Stato, punto e basta. Uno Stato che protegge i delinquenti, invece deve tutelare chi paga le tasse. Perdipiù non ci è mai arrivata una lira di risarcimento».
Da quei quattro criminali sono mai arrivati cenni di pentimento?
«Per carità, nemmeno mezza parola. L'unica volta che ho incrociato lo sguardo di uno di loro mi ha fatto una faccia come dire “Che cavolo vuoi?”. Niente scuse, neanche l'idea di contribuire con un centesimo alle spese funerarie di chi ha perso una figlia. D'altra parte avevano ucciso per gioco. Uno si è sposato in carcere, un altro ha messo al mondo un figlio mentre era già ai domiciliari».
Al ministro della giustizia Angelino Alfano che messaggio vuole mandare?
«Caro ministro, si metta seduto per un’ora. Chi ammazza deve farsi l'ergastolo. O almeno 30 anni, per altri 30 dovrebbe lavorare nel tentativo di riparare il delitto commesso. Non è giusto concedere il rito abbreviato, levare un terzo della pena. Mia figlia non aveva ancora 32 anni, quelli sono stati in carcere sì e no per 8».
Che garanzie ricevette dal precedente governo?
«Il ministro Clemente Mastella mi aveva fatto una promessa: “Stia tranquillo, chi ha ammazzato Letizia resterà dentro sino all’ultimo giorno”. Adesso gli dico: “Caro Mastella, ma quanto sei stato bravo. Mi avevi garantito che l'indulto non avrebbe toccato questa vicenda”».
Sua moglie e le figlie la pensano come lei?
«Forse sono più arrabbiate di me. Io ho sempre rispettato le leggi, facevo il tecnico elettronico, ho sempre fatto volontariato, adesso sono responsabile della protezione civile per la provincia di Macerata. Quando l'ho saputo, stavo andando a una riunione: è stata una pugnalata».
Maria Letizia si era sposata da pochi mesi.
«Passava da Tortona per andare a Parigi. Avrebbe passato il Capodanno in Francia, e completato il viaggio di nozze. Si occupava di congressi e cantava: aveva accompagnato Riccardo Cocciante in alcuni concerti, era apparsa in trasmissioni Rai, a Italia1 con Fiorello. Quella era la sua passione, era brava».
Come reagirebbe se dovesse per caso reincontrare gli assassini della figlia?
«Non mi faccia questo augurio. Preferirei finire a dormire in una tendopoli come quei poveri terremotati piuttosto che incontrare quelli. La liberazione degli assassini mi ha fatto male, quasi come la notizia della morte di Letizia. Da 12 anni ogni giorno vado a trovarla al cimitero, stavolta non ce l'ho fatta.

Cosa le vado a raccontare?».

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