I campioni delle Olimpiadi con la corda in spalla

Rolly Marchi

Prima di giungere alla chiusura dei Giochi olimpici, in quel giorno di liberazione spero, anche di gioia, ma certamente di malinconia, racconto ora ricordi e riflessioni che mi si sono accesi nella mente durante la cerimonia d'apertura, in quei pochi secondi in cui ho visto otto donne di bianco vestite con un braccio alzato a reggere la bandiera olimpica; e in quell'attimo in cui mi parve che il sorriso di una di loro fosse per me, quello di Manuela Di Centa. Pura fantasia, naturalmente, ma poi ho pensato a Manuela, scivolatrice eccelsa sulla neve a saliscendi e, a carriera agonistica conclusa, votata anche a scoprire l'ebbrezza delle elevate quote dell'Himalaya, fino a portare la sua gioia sulla cima dell'Everest. In quei pensieri ho messo in linea altri amici che, durante o dopo aver goduto la forza e il mistero delle gare, hanno voluto gustare il fascino del verticale. La più remota è Paola Wiesinger, campionessa del mondo di discesa nel 1932, ma già allora capace di salire sui sesti gradi, della quale apprezzai uno scatto di rafforzamento del nostro rapporto quando le dissi che avevo salito la via sua e di suo marito Hans sul Catinaccio.
Una straordinaria rivelazione la ebbi una decina di anni orsono, in Gardena. Stavo lasciando l'albergo per portarmi alle rocce della prima Torre del Sella quando fui attratto dagli occhi chiari e dal sorriso di un bel giovane longilineo. Non capii subito chi fosse, e lui, avvicinandomi, intuì il mio stato d'animo: era il campione olimpico di slalom gigante 1994 Markus Wasmeier con la sua mamma e una corda da roccia su una spalla. Fantastico! Accompagnare la mamma sulla cima del Sassolungo afferrando gli appigli della Via Soldà!
Mi piace ricordare i due fratelli Alverà, Albino e Silvio, ambedue campioni sulla neve e sulla roccia; con Silvio e con Eugenio Monti salii una Via di Apollonio sulla Tofana. Purtroppo nessuno di questi tre amici è ancora con noi. Caso eccezionale, poi, nel 1995. Ero a Kirkenes, oltre Capo Nord, Paese del fondista olimpionico Vegard Ulvang; lo incontrai, fra alcune grappe, e parlammo di roccia. Da lì sarei andato alle Isole Lofoten, "cerca il mio amico Tom, fatti portare sulla Ruta Svolvaergeita". Grazie a Ulvang, con roccia diversa, mi sentii sul Campanile Basso. Ho altri amici con questa doppia personalità, i Detassis, Manolo, Golser, Adriano Dal Lago, Ruth Graffer, Franco Mandelli. E altri.

Prima o poi, ne scriverò.

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