Controstorie

I cattolici: "Inaccettabili i controlli alla frontiera"

Sia i lealisti sia i repubblicani sono pessimisti: "Si tornerà a combattere e a raccogliere consensi"

I cattolici: "Inaccettabili i controlli alla frontiera"

«Appoggio sostanziale a forme di protesta estreme e illegali». Non sembrano lasciare spazio a speranze, le conclusioni della ricerca che la Queen's university di Belfast ha condotto sugli scenari del dopo Brexit, e sulle reazioni che la popolazione cattolica dell'Ulster avrà di fronte al ripristino delle frontiere tra l'Irlanda del Nord e l'Eire. La Queen's university è una università pubblica, non sospettabile di simpatie secessioniste. E anche se ha voluto precisare che le opinioni degli autori non coinvolgono necessariamente l'università, la pubblicazione del rapporto ha suscitato un'eco drammatica perché ha confermato in modo scientifico quanto i timori e le percezioni della gente comune avevano già colto.

Il campione utilizzato da John Gary, docente di Political Behaviour alla Queen's, e dal suo staff, rispecchiava sia la composizione confessionale della popolazione nord-irlandese, sia gli orientamenti espressi da essa al referendum sulla Brexit (56% remain, 44% leave). Dalla ricerca è emerso che «primo, c'è una sostanziale e intensa opposizione ai possibili controlli di frontiera tra l'Irlanda del Nord e la Repubblica d'Irlanda, e così pure ai controlli di frontiera est-ovest tra il Nord Irlanda e la Gran Bretagna; secondo, ci sono solide previsioni che la protesta contro i controlli di frontiera sia tra nord e sud che tra est e ovest possa rapidamente sfociare in violenza». L'opposizione alla frontiera nord-sud è radicata in entrambe le comunità, ma trova - come si poteva prevedere - tra i cattolici le forme più radicali: un quinto trova «quasi impossibili da accettare» le tecnologie di controllo con telecamere, la metà considera inaccettabili i controlli fisici alla frontiera, tre quarti ritiene intollerabili i controlli affidati a soldati britannici. E ancora più allarmante il dato di chi si dichiara pronto a sostenere il passaggio alle vie di fatto: il 22% dei cattolici condividerebbe il blocco del traffico stradale, il 10% la distruzione delle telecamere, il 9% gli attacchi alle infrastrutture e alle installazioni.

Sono scenari che vengono studiati attentamente a Londra, dove ci si prepara a gestire il fronte nord-irlandese della Brexit come un'emergenza di ordine pubblico. Ma in Ulster i risultati della ricerca hanno colpito soprattutto perché non sembrano disegnare scenari alternativi possibili. La ricerca ha tastato il polso del campione anche sull'ipotesi di un referendum che, sull'onda della Brexit, ponga la questione della riunificazione irlandese, con l'uscita dell'Ulster dal Regno Unito: referendum già preventivamente accettato da Londra, compresi i suoi risultati, con gli accordi del 1998. Ne è emerso che comunque vincerebbero i «no», grazie al voto quasi compatto della maggioranza protestante ma anche di una fetta non esigua (il 21%) della popolazione cattolica: ma soprattutto che il voto segnerebbe una drammatica radicalizzazione dello scontro tra le due comunità. «Un disastro», «un incubo». Così il ritorno della frontiera nord-sud viene descritto dai nord-irlandesi intervistati nella ricerca della Queen's university. Il ritorno dei troubles (come viene eufemisticamente chiamata la stagione della guerra civile) sembra agitare i sonni di entrambe le comunità: «Tornerà a essere normale che la gente venga ammazzata», dice un intervistato cattolico; «c'è un sacco di gente in Irlanda del Nord che coglierà l'occasione per tornare a combattere e a raccogliere consensi... Si tornerà ai troubles», dice un protestante. E, all'ottimismo di un giovane partecipante alla ricerca, «la nostra società ha superato i conflitti», un vecchio ha ribattuto: «La gente non appoggiava i troubles, eppure ci sono stati.

E la stessa cosa può accadere di nuovo».

Commenti