Politica

I finiani sabotano la tregua: scontro Cicchitto-Bocchino

Roma - Con buona pace delle colombe, sempre attive, è ancora alta tensione nel Pdl. E c’è poco da sorridere, nel giorno in cui ogni figliuolo dovrebbe festeggiare mamma sua. Ma al di là della casuale ricorrenza, ciò che conta è che il nuovo botta e risposta tra Fabrizio Cicchitto e Italo Bocchino porta a pronosticare un percorso piuttosto lungo, prima che Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini tornino a chiarirsi a quattr’occhi. Per capirci: può bastare l’appello all’unità, rilanciato dal premier, per ritrovare un minimo d’armonia interna? Pare proprio di no.

Ma andiamo con ordine. Per il capogruppo alla Camera, che mantiene l’auspicio verso una ricomposizione, vanno «chiarite due questioni». Perché «un conto è la libertà del dibattito politico culturale, pluralistico per definizione, un altro lo stillicidio di decine di dichiarazioni al giorno, che in genere hanno per bersaglio ministri e governo». E in secondo luogo, «il garantismo, il quale evidentemente comprende la tutela di una legalità sostanziale, talora negata proprio dai giudici politicizzati», non potrà «mai» venir «messo in discussione da forme più o meno esplicite e surrettizie di giustizialismo».
Non si fa attendere la replica dell’ex numero due del Pdl a Montecitorio. Che valuta «positivamente» l’appello all’unità, ma pone un altro paletto vincolante: «Sia riaffermata l’entità e la dignità politica ed elettorale del cofondatore e coleader del partito, Gianfranco Fini». E poi, «c’è una lunga lista di precondizioni» prima che il faccia a faccia con il Cavaliere possa calendarizzarsi. Ma il finiano va oltre: «Il Pdl è oggettivamente diviso» e «alla minoranza compete il ruolo di stimolo politico che non può essere derubricato a stillicidio quotidiano».

Stimolo, come quello che - a suo dire - avrebbe spinto Renato Schifani ad inviare una lettera ai presidenti di commissione, per accelerare l’iter del disegno di legge anticorruzione. Sarà vero? Per nulla, secondo i suoi colleghi di partito a Palazzo Madama. Bocchino «si attribuisce meriti che non ha», commenta il gruppo Pdl, aggiungendo: «Lezioncine fuori luogo e inopportuni protagonismi vanno respinti al mittente». Sulla stessa linea Carlo Vizzini, presidente della commissione Affari costituzionali: «Non si sopravvaluti. Non so quello che conta alla Camera ma al Senato risulta “non pervenuto”, non può dare lezioni a nessuno, soprattutto al presidente Schifani, che è sempre stato in prima linea nella lotta alla criminalità e nella difesa della legalità».

Intanto, il gruppo Pdl alla Camera precisa, in merito a quanto affermato sabato da Giorgio Stracquadanio, che Bocchino «non utilizza più autovetture di servizio», essendo sotto scorta. Chiede scusa il deputato vicino al Cavaliere, intervenendo a KlausCondicio, ma non molla certo la presa sull’ex leader di An: «Non si possono giocare tre parti in commedia: quella istituzionale del presidente della Camera, quella di cofondatore con pretesa di essere copresidente; e in ultimo quella di voce di minoranza istituzionalizzata, che si poggi addirittura su una organizzazione parallela.

Questi tre ruoli non fanno mai capire a che titolo parli».

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