Politica

I furboni del quartierone

In questa prima legge finanziaria di centrosinistra eravamo attenti a cogliere, oltre alle novità che cambieranno il «dare» e l'«avere» di ogni famiglia, anche il senso, il segno di politica economica, quella ispirazione di fondo che, per intenderci, fa capire in cosa una politica di centrosinistra si distingue e si differenzia da una politica di centrodestra. E questo perché in nessun altro campo come nella politica economica questo segno è visibile, essendo tutte le altre questioni, principalmente quelle etiche, civili e religiose, trasversali agli schieramenti politico-culturali che oggi dividono l'Italia.
Questa analisi naturalmente andrà fatta a Finanziaria approvata, con l'attenta lettura dei 1324 commi che riscrivono la legge finanziaria 2007, la più corposa della storia repubblicana. Ma mai avremmo pensato che un documento di politica economica, sia pure così importante come la legge finanziaria e di bilancio, avrebbe fornito il segno morale, ideologico indicativo del modo di operare di una certa cultura statalista ed arbitraria, quale emerge da almeno 3 norme emblematiche.
La prima, la questione del trattamento di fine rapporto (Tfr). Era denaro del lavoratori, accumulato dai datori di lavoro e, per accordo tra rappresentanze degli uni e degli altri (imprese e sindacati) era stato affidato alla cura ed alla gestione degli imprenditori. Non è una fattispecie estemporanea, al di fuori del diritto positivo; i giuslavoristi la chiamano di «diritto pattizio», come i Contratti collettivi nazionali, la Scala mobile di una volta, ovvero obblighi generati da accordi tra le parti. Ebbene, una norma di legge ha cambiato la libertà di scelta delle parti. Ha spossessato le imprese del diritto di gestire quel denaro, quando non destinato ai fondi pensione integrativi, e lo ha affidato all'Inps. Per iniziativa di un governo di parte, cioè, lo Stato si è insinuato in un accordo tra le parti, e d'imperio ne ha danneggiata una, per favorire non l'altra, ma la voracità finanziaria dello Stato stesso. L'errore è stato riconosciuto dal governo, si è intervenuti con limitazioni ed esenzioni ma, alla fine, lo scippo di Stato è rimasto e nella legge finanziaria c'è.
La protesta scaturita nel Paese per questo scivolone poteva insegnare qualcosa? Sì, ma non lo ha fatto perché - ed è la seconda norma diabolica - i Comunisti italiani, che al governo sono presenti con propri ministri, hanno ottenuto che lo Stato assuma i lavoratori precari che nel pubblico impiego sono oltre 300mila. Tralasciamo per un momento il fatto che migliaia di disoccupati in fila per un concorso si vedranno scavalcati da assunzioni senza selezione, merito, concorso e che un ministro competente in materia, Luigi Nicolais, stava tentando di introdurre nella prassi statale parole come produttività, merito, responsabilità. Il fatto sconcertante è che per pagare queste assunzioni con la scorciatoia, che potrebbero perfino riguardare dei pregiudicati, lo Stato commetterà questa volta non uno scippo ma un esproprio, quello dei soldi depositati nei conti correnti bancari cosiddetti «dormienti». Si giustificano: ma quella era una proposta fatta anche da Tremonti, e se i soldi sono fermi da anni vuol dire che non sono di nessuno, dunque lo Stato può ben prenderseli. Ma ci si dimentica che la lesione del diritto è di una gravità senza precedenti, vulnera il diritto di proprietà, esprime il concetto che in Italia nessuno può avere il diritto di tenere dei propri soldi in banca e non toccarli per quanto tempo vuole, significa dire che in banca si possono tenere soldi solo se vengono spesi o movimentati ma mai conservati perché, viceversa, lo Stato se li prende. Una tassa occulta, sulla prudenza ed in Italia da oggi in poi è vietato essere prudenti.
Infine, ed è l'ultima almeno finora, il colpo di spugna sui reati contabili. Per intenderci si tratta di politici, amministratori o dipendenti pubblici che hanno operato contro gli interessi dello Stato procurandogli un danno, il cosiddetto danno all'erario su cui vigila la Corte dei Conti. Ebbene, il comma diabolico che s'è deciso comunque di mantenere, salvo poi (ma quando?) revocare con decreto, consente più facilmente di prescrivere questi reati, salvando la faccia e le tasche di alcune migliaia di infedeli servitori dello Stato. Dopo l'indulto, uno sconto ai delinquenti in giacca e cravatta, mentre salgono tasse, bolli e contributi in quantità. Una questione immorale analoga a quella che per anni era stata rimproverata ad altri.
Sicché, basta allineare le tre questioni appena citate per guardare con occhi benevoli perfino il povero Ricucci. Lui almeno rimproverava a Gnutti di scalare l'Antonveneta come i «Furbetti del quartierino»; qui nemmeno il Parlamento rimprovera il governo ed i suoi «Furboni del quartierone».
b.

costi@tin.it

Commenti