I Killing Joke, mito degli anni Ottanta

La band di Jaz Coleman torna dopo anni a Milano

Jarno Fiore

Gli anni Ottanta tornano d'attualità in tutte le salse: il successo è garantito, prova ne sia il tour dei Duran Duran. Se questi rappresentano il pop di quel particolare periodo storico ci sono tante band che sono tornate a far capolino anche da ambiti diversi e musicalmente più seri, in particolare la new wave che ha rappresentato la novità più importante espressa dalla musica degli anni '80.
Tra le band fondamentali di quel pariodo ci furono i Joy Division e ci sono ancora i Cure, Echo & The Bunnymen, Siuoxsie, ma chi portò agli estremi sonori la new wave furono i Killing Joke, riconosciuti precursori del sound industriale. La band, capitanata dall'intrattabile Jaz Coleman, è tornata sulla scena nel 2003 pubblicando un nuovo album di inediti a distanza di sei anni dal precedente, un disco omonimo accolto molto bene dalla critica e dal pubblico che ha riportato il gruppo anche in tour: li vedremo questa sera al Rolling Stone.
I Killing Joke sono degli innovatori del suono, o almeno lo furono in passato, vent'anni prima del successo mondiale dei Nine Inch Nails crearono la dance apocalittica e rumorosa che ha ipirato la band di Trent Reznor. I Killing Joke si formarono nel 1979 ed emuli dell'art rock nevrotico dei Pere Ubu, ma anche del dark-punk spettrale di Siouxsie and The Banshees, salirono alla ribalta nella scena underground britannica. L'album d'esordio Killing Joke (1980) è la sublimazione del loro stile, in bilico tra hard-rock e new wave, punk e gothic-rock una commistionse sonora che prima non si era mai sentita con sonorità violente e metalliche che si stemperano progressivamente in canzoni pop-dark con cadenze sempre più ballabili, seppur immerse sempre in atmosfere gelide, depresse, tribali e distorte.


Di nuovo sulle scene dopo sette anni di silenzio, Coleman e compagni sfornano Killing Joke 2003, disco ammantato di sonorità moderne, ma con una inconfondibile matrice anni Ottanta.

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