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I lustrini sotto il paltò Milano si reinventa città d'arte e di colori

Dalla Darsena ai nuovi spazi della Fondazione Prada, tour nella metropoli italiana più glamour: durante e dopo l'Expo

Metamorfosi urban-chic. Tolto il cappotto di rigore meneghino per dare spazio a grattacieli sfavillanti e New Town vestite di luce - come quella bianca, sinuosa, ideata da Zaha Hadid a CityLife, fra i cancelli della dismessa Fiera Campionaria - Milano ha stravolto ogni orizzonte. Nuova energia per la metropoli che secondo il New York Times è il «place to go» del 2015; l'unica realtà italiana citata nella prestigiosa guida Best in Travel di Lonely Planet, dove l'aria del rinnovamento si sperimenta ovunque, in centro come in periferia. Le ragioni del successo sono sotto gli occhi di tutti, vernissage dopo vernissage. Prima è toccato al Mudec, il Museo delle Culture aperto pochi mesi fa fra i cancelli dell'ex fabbrica Ansaldo: un «dinosauro» di archeologia industriale affacciato su via Tortona, una delle zone più trendy del capoluogo, con un ventre di ferro e acciaio illuminato da un'immensa copertura vetrata (www.mudec.it). Tolti i cantieri di Piazza XXIV Maggio, dopo 18 mesi di lavoro e una spesa di quasi 20 milioni di euro, la città si è vista restituire, in chiave moderna e intrigante, gli storici spazi della Darsena, dove i navigli di Leonardo Da Vinci si fondono in una piazza liquida valorizzata da passerelle, passeggiate, spazi verdi, negozi.

Anche Michelangelo vanta la sua highlights, la nuova sede della Pietà Rondanini nell'ex Ospedale Spagnolo (quello dei tempi della peste) al Castello Sforzesco, che l'architetto Michele De Lucchi ha trasformato in un luogo ricco d'atmosfera e di suggestione. Una piattaforma antisismica e super tecnologica, il restauro dei soffitti affrescati, qualche «panca» in legno per contemplare l'opera e nient'altro. Per De Lucchi il bello sta nella semplicità e soprattutto, come lui stesso sostiene, nella prospettiva: «Il nuovo allestimento ribalta la visione consueta dell'opera; entrando i visitatori vedono la scultura di spalle scorgendo subito ciò che Michelangelo scolpì per ultima, la schiena della Madonna ricurva su Cristo».

Fra le icone meneghine, la Galleria Vittorio Emanuele II si è rifatta il look grazie a un restauro da 10 milioni di euro che

permette ora di ammirarla dall'alto, camminando lungo le passerelle originarie (ma mai utilizzate) affacciate sul Duomo e piazza della Scala. Per contemplare il passage dall'interno, l'Hotel SevenStars (www.sevenstarsgalleria.com/it), da anni saldamente insediato all'ultimo piano del monumento con le camere faraoniche e i maggiordomi privati a disposizione della clientela, ha inaugurato due suite con enormi vetrate dove lo sguardo vola ad altezza cupola; fino al termine di Expo parte di questi spazi ospitano le evoluzioni gastronomiche (cene da 120 euro a persona) del pop up american restaurant James Beard, con un turnover di cinquanta grandi chef della cucina a stelle e strisce. Da non perdere, fra le start-up culinarie, anche la modaiola steakhouse newyorkese del Me Milan il Duca (www.memelia.com, da 311,50 euro la doppia). Un nuovo indirizzo a cinque stelle per mangiare e dormire nella Milano più moderna e portatrice di novità, dove il design è presente a ogni piano, la vista è strepitosa e i piatti sono accompagnati da sottofondo di musica lounge e dj set.

Siamo a pochi passi da Porta Nuova, la zona dove i milanesi hanno scoperto il piacere di riappropriarsi degli spazi pubblici, grazie alla poliedrica piazza Gae Aulenti abbracciata dalla silhouette vetrata dell'Unicredit e dal Bosco Verticale. Le due torri super ecologiche di Stefano Boeri, rivestite di 800 piante e 4.000 arbusti, saranno le sentinelle green di un parco pubblico dal nome suggestivo, la Biblioteca degli Alberi, che vedrà la luce al termine di Expo. È invece già realtà la nuova sede della Fondazione Prada (www.fondazioneprada.org), in un ex-distilleria dei primi del Novecento nella periferia sud della città: 19mila mq di edifici industriali e nuove costruzioni realizzate dallo studio Oma di Rem Koolhaas, con il bar Luce ideato da Wes Anderson, regista di Grand Budapest Hotel.

Se lo spazio è notevole, le mostre non sono da meno: «An Introduction» (fino al 10 gennaio 2016), nata da un dialogo tra Miuccia Prada e Germano Celant, e «In Part» (fino al 31 ottobre 2015), a cura di Nicholas Cullinan.

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