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I No Tav sbarcano a Torino, in piazza per gli ex brigatisti: "Li vogliamo liberi tutti"

Il popolo No Tav manifesta a Torino e chiede la liberazione dei militanti arrestati di giovedì scorso. Si temono ritorsioni e guerriglia urbana: il clima è teso

I No Tav sbarcano a Torino, in piazza per gli ex brigatisti: "Li vogliamo liberi tutti"

Non sono certo i vecchi slogan contro l'alta velocità Torino-Lione a far inorridire. Non sono nemmeno le macerie trasportate a fatica nelle cariole sotto il cielo plumbeo di Torino. La pioggia battente e il nevischio non hanno fermato la protesta del popolo No Tav. Non sono nemmeno le tradizionali bandiere bianche su cui campeggia il treno sbarrato di rosso a lasciare a bocca aperta, ma l'aver trasformato la protesta contro il cantiere della Val Susa in una sfilata a sostegno dei violenti che lo scorso luglio hanno attaccato le forze dell'ordine e che sono stati arrestati giovedì scorso. "Li vogliamo liberi, liberi tutti, liberi subito - scandiscono - siamo contro questa operazione di polizia che è stata chirurgica per cercar di dividere e sminuire il nostro movimento". In realtà tra i 26 finiti in manette ci sono ex brigatisti rossi ed ex terroristi di Prima Linea, esponenti di spicco dei centri sociali di Milano e Torino, black bloc e politici locali invischiati coi violenti.

"Il dissenso è un’arma pericolosissima". La manifestazione era stata fissata già da tempo. "Vogliamo portare - riferisce il movimento - i detriti del cantiere di Chiomonte". Adesso però, dopo il blitz delle forze dell’ordine, il corteo rischia di essere caricato di nuovi significati. Pagliacci vestiti da militari con caschi pieni di fiori, carriole piene di detriti e i manifestanti che scimiottano i militari che presidiano il cantiere di Chiomonte. Già nei giorni scorsi non era mancato l'appoggio della sinistra radicale a sostegno dei compagni arrestati. Dai dipietristi al Sel di Nichi Vendola, dal Prc Paolo Ferrero ai grillini: il blitz delle forze dell'ordine era stato bollato come un atto intimidatorio contro un popolo che da sempre manifesta pacificamente. Peccato che in un centro sociale di Napoli siano state trovate asce e spranghe da usare durante le manifestazioni in Val Susa. Peccato che dopo gli scontri dello scorso luglio si sono contati oltre duecento feriti tra le forze dell'ordine. E peccato che tra i compagni finiti in manette troviamo anche due ex terroristi, un brigatista rosso e uno di Prima Linea. Altro che movimento pacifista.

Diversi sindaci della Val Susa partecipano alla manifestazione di Torino. Ma Sandro Plano, presidente della Comunità Montana e da sempre schierato contro la costruzione della Torino-Lione, si affretta a far sapere che la presenza dei politici locali è "a titolo personale e per stare vicino alla nostra gente". Una presenza che è stata garantita anche in passato: la scorsa estate, per esempio, alcuni sindaci della zona hanno partecipato alle "fiaccolate pacifiche" per il centro di Torino. Sino ad ora i pesanti scontri della Val Susa non sono mai sconfinati nel capoluogo piemontese. I sindaci della Val Susa stanno, infatti, valutando la possibilità di tornare in piazza il prossimo 26 febbraio: l'idea è di tenere una marcia di protesta più "istituzionale" in modo da attirare l’attenzione del nuovo esecutivo. Al premier Mario Monti i politici locali hanno inviato, giusto ieri, un documento per riaprire il dialogo tra istituzioni. Dal 3 luglio, quando la marcia contro il cantiere sono degenerate in violenti scontri con centinaia di feriti, nessuno dei sindaci (neanche i più ferventi No Tav) ha infatti indossato la fascia tricolore durante una manifestazione del movimento.

Il rischio è che, ancora una volta, la protesta possa degenerare in scontro e che le rimostranze di una valle possano finire nelle mani violente di black bloc e no global provenienti da altre regioni d'Italia solo per ingaggiare una guerriglia con le forze dell'ordine.

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