Politica

I nodi con Washington

Il bilancio del viaggio del presidente George W. Bush a Roma va fatto pesando soprattutto il non detto che costituisce gran parte del problema diplomatico in corso tra Stati Uniti e Italia. Non si può non notare la differenza tra la forza impressa dalla Casa Bianca all’agenda politica durante il G8 di Rostock, le tappe in Albania e Bulgaria e la giornata romana tutta in chiave «minimalista», dove si è rimasti entro i confini del bon ton diplomatico e si sono accuratamente evitati i «dossier caldi» dei due Paesi.
Scudo spaziale
Nessun cenno ufficiale, ma c’è e ci sarà molto dietro le quinte. Il progetto chiamato National Missile Defence infatti va avanti e se è vero che Putin ha offerto agli Stati Uniti di posizionare i missili in Azerbaijan, è altrettanto vero che il Pentagono resta dell’idea di piazzare le basi nella Repubblica Ceca (che ieri ha detto no alla richiesta di Mosca di congelare il negoziato) e in Polonia. Massimo D’Alema - sbagliando, come spesso gli capita, tempi e modi dell’intervento - ha accusato l’iniziativa della Casa Bianca di essere «irrituale e fonte di un certo turbamento», ma sa bene che i negoziati di fatto riguardano anche il nostro Paese. Il capo dell’agenzia missilistica Usa, il generale Henry A. «Trey» Obering, ha confermato che lo scudo stellare «coprirà tutta l’Italia» e pochi ricordano che esiste un’intesa tra Stati Uniti-Germania-Italia, per produrre il successore del sistema Patriot, il sistema anti-missile Meads. Resta da capire come gli Stati Uniti intendano coprire l’area del Mediterraneo e, probabilmente, si aprirà una discussione in sede Nato sull’installazione di una base in un’area che va dal Sud Italia alla Turchia (non a caso proposta da Putin come sede alternativa all’Est Europa). Roma su questo punto finora non si è pronunciata ed è chiaro il perché: l’ala sinistra della maggioranza sarebbe pronta a lasciare il governo in caso di accordo con gli Usa.
Intelligence e giustizia
Buio fitto in sede ufficiale, ma gli incontri di John Negroponte - numero due del Dipartimento di Stato, ex zar dell’intelligence americana - con il ministro della Giustizia Clemente Mastella e il viceministro all’Interno Marco Minniti, non sono di routine. Le competenze e il talento diplomatico di Negroponte su temi come terrorismo e collaborazione tra agenzie di intelligence sono note, come noti sono i problemi in questo settore tra Stati Uniti e Italia. Le falle del sistema giudiziario italiano sono parecchie, gli Usa più volte hanno espresso disappunto e incredulità per la scarcerazione di terroristi, il sistema delle espulsioni che non funziona, lo scambio di dati sensibili che non è ancora ottimale. Per non parlare del caso Abu Omar, delle extraordinary renditions della Cia e del caso Calipari.
Basi militari
Gli Stati Uniti hanno annunciato tempo fa - con non pochi dubbi - il ritiro dalla base navale di Santo Stefano, nell’arcipelago de La Maddalena, in Sardegna. Ma contemporaneamente hanno fatto sapere di non voler rinunciare all’ampliamento della base militare dal Molin, a Vicenza. Dossier spinoso per il governo Prodi. Il caso ufficialmente sembra chiuso - e il presidente del Consiglio ha detto che «di Vicenza non si è parlato» - ma i problemi con la popolazione locale e la sinistra sono più che mai aperti.
Afghanistan
Le parole ufficiali del presidente Usa sono di «ringraziamento» per le missioni italiane in Libano e in Afghanistan, ma sia la Nato che il Pentagono hanno sempre chiesto più impegno a quei Paesi - compresa l’Italia - che contro i talebani non vogliono combattere.

La richiesta americana di cambiare le regole di ingaggio per le nostre truppe resta, la risposta di Roma finora è stata un no secco e la fiducia mostrata dai diplomatici americani per un «passo avanti dell’Italia» su questo tema è destinata a scontrarsi con le dissidenze dei pacifisti al Senato: mission impossible.
Mario Sechi

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