I personaggi e i fatti che raccontano la storia del nostro Paese in una serie di immagini d'autore

È potente la carica emotiva di questa fotografia piena di simboli: la barchetta tricolore che una corda trattiene da chissà quale viaggio, il gesto elegante di un uomo che scavalca la corda, ma per andare verso un nulla... Ho sotto gli occhi due giudizi, inediti, di Gabriele d'Annunzio, che nel 1932 dovette ricevere al Vittoriale - controvoglia - il principe ereditario Umberto di Savoia. Con le donne di casa lo definì «affascinante ma non adatto per farne un futuro Re»; e poco dopo, quando Umberto subì un attentato: «Il Principe è una nullità, e non potrebbe essere diversamente: figlio com'è di un collezionista, il Re suo padre, e di una guardiana di capre, sua madre, non poteva uscire meglio». E sì che d'Annunzio era un monarchico convinto.
Del resto erano giudizi molto diffusi, allora, in Italia. Ma si tratta di giudizi ingenerosi, in buona parte dovuti all'aspetto grazioso e gentile che, nell'Italia fascista con il culto della virilità, favorirono il diffondersi delle voci sulla presunta omosessualità di Umberto.
Nato nel 1904, se la storia avesse seguito il corso della natura sarebbe diventato re il 28 dicembre 1947, quando morì suo padre, Vittorio Emanuele III. La storia decise altrimenti, e Umberto pagò per tutta la vita la scelta di seguire il re durante la vergognosa fuga dell'8 settembre 1943. Se fosse rimasto a Roma, e si fosse salvato dai tedeschi, sarebbe diventato un eroe e un re amato.
Diventò invece il «re di maggio» nel 1946, dopo l'abdicazione del padre, che sperava così di salvare il trono ai Savoia: ma il referendum del 2 giugno decretò che l'Italia diventasse una Repubblica, e a Umberto restò solo l'esilio in Portogallo. Gli italiani gli avevano perdonato le complicità con il fascismo, come le avevano perdonate a loro stessi, e gli furono grati di non avere innescato una guerra civile, o gravi violenze, che sarebbero state possibili dopo il referendum.
Del resto, Umberto visse il suo esilio con eleganza e discrezione regale, ma subendo come mai il peso della famiglia. La moglie Maria José si trasferì presto in Svizzera con un erede al trono, Vittorio Emanuele, che dette presto preoccupazioni. Umberto rimase con le tre figlie, Maria Pia, Maria Gabriella, Maria Beatrice, molto utili alle riviste di pettegolezzi, per niente al trono. Non rimaneva che passeggiare sulle rive dell'Atlantico, elegante proprio come un re.
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