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I primi tagli di Monti? Le donne del governo

Nella squadra di super-tecnici di Monti non c’è spazio per ministre. Proteste bipartisan, le quote rosa sono già una grana

I primi tagli di Monti? Le donne del governo

Monti non è ancora ufficialmente premier ma ha già cominciato la sua opera di risanamento. I primi tagli? Sono le donne. Niente, via, all’orizzonte non si vedono. Magari arriveranno all’ultimo minuto, ma per ora si parla solo al maschile. Il premier in pectore non ha ancora svelato la lista dei «nominati», ma tra i nomi che rimbalzano per questo governo di professori e filosofi il rosa non luccica. Ogni tanto lampeggia il nome della Bonino, qualcuno butta lì una Marcegaglia, qualcun’altro sponsorizza la Tarantola o la Torchia, ma per il resto sembra che far quadrare i conti dello Stato e costruire le difese contro i corsari della finanza sia un mestiere per uomini, anzi se proprio bisogna dirla tutta per vecchietti. È un po’ come se l’economia fosse un mestiere troppo austero per lasciarlo all’universo femminile. Ci vuole gente attempata, con curriculum da boiardi o baroni universitari, austeri nei loro vestiti grigi. La crisi, sembra prospettare il governo Monti, è una faccenda seria. In fondo nella società italiana le donne vengono ancora tenute ai margini del potere che conta. Il bocconiano, socio eminente del partito Goldman Sachs, pesca tra i suoi amici e nel suo club. E qui, a quanto pare, le donne sono poche.
Il rettore comunque può stare tranquillo. La stampa amica non si lascerà corrompere da certi ragionamenti sul politicamente corretto. Monti non è mica Berlusconi. Non è onorevole attaccarlo con pregiudizi tardo femministi, bisogna lasciarlo lavorare, dargli il tempo di far crescere la sua squadra e avere pazienza anche quando comincerà a spolpare gli italiani con misure che a un governo democratico non sono permesse. Monti godrà dell’immunità tecnocratica. Non ci sono quote rosa da tirare in ballo. Nessuno si sognerà di scrivere quei capziosi ricorsi al Tar su cui si disquisisce sulle questioni di genere. Monti può tranquillamente vestirsi di maschilismo, tanto è al di sopra di ogni sospetto. Lo ha scelto direttamente l’Europa, arriva con il beneplacito della Bce, e ai sovrani della moneta unica non si può dire di no. Quindi che nessuno si metta a cavillare sulle ministre assenti.

Quando si parla di un Carlo Secchi o di un Giuliano Amato chi se ne frega delle donne. Magari ha più senso prendere qualcuno dal sapore svizzero come Lanfranco Senn, docente alla Bocconi e presidente della Metropolitana Milanese Spa.
Sia chiaro, questo è quello che si legge sui giornali, in quel giochino da scommettitori che è tradizionalmente il totoministri. Magari il buon Monti ha nel suo portafoglio sorprese inimmaginabili, magari una Carlucci d’annata per dare un po’ il senso dello spettacolo che deve continuare. Solo che i dicasteri sono pochi e gli amici sono tanti. C’è chi parla di 12 poltrone per restare nei ranghi della legge Bassanini e chi alza i posti di questo concistoro laico a venti cardinali. Quello che però si assapora è un governo per vecchi, molto simile a certi circoli inglesi dove si fumano sigari e si chiacchiera sui destini del mondo, una sorta di Garrick and Carlton Gentlemen’s Club.

Qualche voce di allarme comincia in effetti ad alzarsi. La preoccupazione di un governo senza donne arriva in modo bipartisan da Isabella Rauti e dalla governatrice dell’Umbria Catiuscia Marini. La possibile anomalia è stata registrata. Non se ne parla molto perché le «ragazze» aspettano che ci sia una lista ufficiale, ma un po’ di preoccupazione c’è. È un sussurro. La stessa Bonino non sembra avere grandissime chance, visto che viene considerata poco tecnica e troppo politica. Poi, si sa, con in radicali ci sono sempre problemi. Destabilizzano. E questo è un governo che vuole giocarsi tutto sulla stabilità.

Ma forse come dice qualcuno non è che Monti e i suoi amici non vogliono le quote rosa. Questi austeri professori si stanno solo interrogando su un grande enigma: ma ci sono donne alla nostra altezza?

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