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Al via i primi test d'italiano per gli immigrati Ma intanto gli stranieri restano senza lavoro

Al via i primi test ad Asti e Firenze. Dopo la polemica della Caritas torna al centro la tematica dell'integrazione. La Cgil denuncia: "E' una visione securitaria". Recenti studi parlano di 235mila stranieri senza lavoro e di altri 100mila in arrivo col decreto flussi. E' utile? VOTA

Al via i primi test d'italiano per gli immigrati 
Ma intanto gli stranieri restano senza lavoro

Roma - L'integrazione passa innanzitutto dalla lingua, in secondo luogo dall'inserimento nella società e, quindi, dal lavoro. Requisiti che il governo ha valutato fondamentali e imprescindibili per i cittadini non comunitari che intendono ottenere il permesso di soggiorno Ce di lungo periodo. E così, a quaranta giorni dal via libera ai test di conoscenza della lingua italiana, da oggi a Firenze e ad Asti cominceranno a svolgersi le prime verifiche. Ma parlare italiano correttamente non basta. E' basilare, ma non sufficiente.

La regola vuole che l'Italia ha bisogno degli stranieri per sostenere la crescita economica. Ma in un recente studio della Fondazione Leone Moressa emerge che un nuovo disoccupato su quattro è straniero. Dall'inizio della crisi, infatti, il numero degli stranieri senza lavoro è cresciuto di oltre 95mila unità. Un numero che equivale a quello dei nuovi ingressi di lavoratori extracomunitari previsti dal decreto flussi. Torna quindi al centro la problematica connessa ai nuovi ingressi regolamentati dalla Bossi-Fini. Attualmente il tasso di disoccupazione tra gli immigrati è del 9,8 per cento contro una media degli italiani del 7,3: i disoccupati stranieri sono oltre 235mila. 

Via ai test d'italiano I primi a mettere sotto esame gli immigrati sono Firenze e Asti. Seguiranno tutte le altre città con una cadenza regolare. Le prove, introdotte dall’articolo 9 del testo unico e da un accordo quadro del 4 giugno scorso tra il Viminale e il ministero dell'Istruzione, verranno svolte da stranieri con almeno cinque anni di un permesso di soggiorno. I requisiti di idoneità? Un reddito minimo e l'alloggio. Solo coloro che supereranno i test potranno chiedere il soggiorno lungo al questore. "Sono previste prove di ascolto, di lettura e di scrittura e si considerano superate se il candidato - comunica la prefettura toscana - ottiene un risultato positivo complessivo dell’80 per cento. Se non dovesse riuscirci, può fare subito domanda per sostenere un nuovo esame".

Non è sufficiente un esame Se l'integrazione passa sicuramente attraverso la conoscenza dell'italiano e della nostra cultura, il recente allarme sollevato dalla Caritas veneta dimostra che il problema non può essere risolto e liquidato con un semplice test. In un Paese che è uscito pressocché indenne dalla crisi economica che ha mietuto "vittime" negli altri Stati, ci si interroga dunque sulla capacità di soddisfare nuove richieste in un mercato lavorativo già saturo per gli italiani. Come ricordava Francesca Angeli su ilGiornale.it qualche giorno fa, il governo ha dato il via libera al decreto flussi e alla fine di gennaio le richieste potranno partire ma la domanda sulla reale necessità di riaprire i flussi non soltanto è lecita ma necessaria.

I rischi connessi alla disoccupazione "L'emorragia occupazionale che ha colpito soprattutto gli stranieri rischia di farli cadere in una situazione di irregolarità - spiegano i tecnici della Fondazione Leone Moressa - il lavoro è la condizione necessaria per il loro regolare soggiorno in Italia". I sindacati e il centrosinistra non ci stanno. E accusano apertamente il governo. "E' una visione securitaria dell'immigrazione - denuncia la Cgil - gli immigrati sono visti solo come necessaria e 'provvisoria' forza lavoro". Ma, in un Paese in cui i bambini chiamati Mohammed hanno superato quelli battezzati Giuseppe, quattro conti bisogna pur farli. Non basta la demagogia, ora serve praticità. D'altra parte, come spiega bene Massimo Introvigne, il tasso di costanza della popolazione è di 2,1 figli per donna: due figli rimpiazzano due genitori. Lo 0,1 in più compensa le donne sterili o che rinunciano al figlio. Negli anni 1990 l’Italia è scesa ai livelli più bassi dell'intero pianeta, con un tasso di fecondità di 1,18 figli per donna. Sebbene valore resta ancora molto al di sotto del tasso di costanza.  

Il futuro della nostra società Numeri alla mano, quindi, natalità e occupazione dimostrano come un semplice test d'italiano non sia sufficiente. La problematica è ben più ampia. L'accoglienza senza barriere, desiderata dal centrosinistra, è destinata al collasso. Ma anche l'applicazione corretta della Bossi-Fini ha talvolta bisogno di una stretta ulteriore. Il decreto flussi, in primis.

E, in un periodo di crisi occupazionale, si fa ancora più stringente una politica di tolleranza zero nei confronti dei nuovi ingressi.

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