Cultura e Spettacoli

I "tribunali televisivi" ridotti a lavare la biancheria intima

Da parecchi anni la televisione sfrutta la materia giudiziaria a scopi spettacolari e coglie nel segno

I "tribunali televisivi" ridotti a lavare la biancheria intima

Da parecchi anni la televisione sfrutta la materia giudiziaria a scopi spettacolari e coglie nel segno, riuscendo ad ottenere buoni se non ottimi ascolti. La prima antenna che trasformò i tribunali in miniere d'oro fu, se non ricordo male, Raitre con una iniziativa di incredibile successo dal titolo esplicito: Un giorno in pretura. Il pubblico poteva seguire, grazie a questo programma, le vicende più appassionanti affrontate dalla Giustizia. D'altronde, da quando le tragedie greche sono passate di moda, le scene offerte dalle austere aule in cui si svolgono interrogatori, scontri tra difesa e accusa, sono le sole in grado di suscitare forti emozioni in chi le guarda sul video, il mezzo di comunicazione più popolare e diffuso, altro che teatro. Ecco perché dopo breve tempo anche una emittente privata di Mediaset trovò il modo di inventarsi dei processi in proprio basandosi sulle liti familiari, le più comuni e frequenti, nelle quali chiunque può specchiarsi.

L'artificio funzionò a meraviglia.Si prendeva, ad esempio, una coppia di sposi in bega su una questione, la si invitava in uno studio arredato secondo lo stile tribunalizio e si avviavano i duelli davanti a un giudice togato le cui sentenze, se accettate dai contendenti, avevano un certo valore. La trasmissione era egregiamente condotta da Rita Dalla Chiesa, garbata e capace di dipanare matasse complicatissime, intrise di rancori come sono molti matrimoni inaciditi. I protagonisti delle battaglie pseudo legali si avvalevano di avvocati di fiducia.Insomma il copione era identico a quello dei processi veri, cosicchè il divertimento per i telespettatori era garantito.

Anche in questa versione, la materia giudiziaria fece lievitare l'audience al punto che oggi, a distanza di lustri, persino Raiuno considera conveniente trattarla con le telecamere in una rubrica quotidiana (Torto o ragione?) i cui fili sono tenuti da Monica Leofreddi con lodevole disinvoltura. C'è solo un problema da segnalare agli autori. I quali pur di tener vivo l'interesse sul programma, un po' troppo antico per non essersi logorato, nella scelta dei litiganti hanno raschiato il fondo del barile e selezionato personaggi improbabili, gente che gode a lavare la biancheria intima, direi intimissima, in piazza. Il risultato talvolta è desolante. Giorni orsono è andato in onda un intrico di corna, un triangolo di cui era un'impresa sovrumana capire chi fosse il principale cornuto e chi il principale fedifrago. Lo scambio di battute velenose tra i protagonisti tuttavia ha confermato che se il vino va in aceto, l'amore va quasi sempre a puttane e dintorni. E che quando marito e moglie non si reggono più la colpa è di tutti e tre o, meglio, di tutti e quattro.

Torto o ragione? se procede così nella ricerca della porcata sensazionale, rischia di ridursi al solo torto. Provare a inventare qualcosa di fresco? Non c'è pericolo.

I dirigenti sono troppo impegnati nella lotta per accaparrarsi i posti di comando e non badano al prodotto, che si vende comunque perché il pecoreccio tira. Quanto ai politici che avrebbero facoltà di cambiare la Rai, poverini, cosa si può pretendere da loro che sono morti e non se ne sono ancora accorti?

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