Ictus, ai primi sintomi chiamare il 118

Ictus, ai primi sintomi chiamare il 118

Tempestività d'intervento perché il nemico dell'ictus cerebrale è il tempo. Il cervello ha grandi potenzialità di recupero, spesso inimmaginabili, ma occorre che ogni intervento sia rapido e veloce e, soprattutto, che avvenga in una finestra temporale massima di quattro ore e mezza dal manifestarsi dei primi sintomi di malessere. Un'azione tempestiva e multidisciplinare è, quindi, la bibbia del Centro per la diagnosi e la cura dell'ictus cerebrale dell'Irccs Neuromed di Pozzilli, struttura d'eccellenza, a livello europeo, in questo settore.
«Negli ultimi anni abbiamo assistito a un profondo cambiamento nel modo in cui consideriamo l'ictus cerebrale - spiega Antonio Sparano, responsabile del centro e professore associato di Neurologia all'Albany Medical Center, negli Stati Uniti -. Una volta l'atteggiamento verso il paziente era di attesa: verificare il danno ricevuto, aspettare che le sue condizioni, se sopravviveva, si fossero stabilizzate e quindi pensare a come gestire la situazione lasciata dall'ictus. Oggi, invece, interveniamo subito, già dai primi momenti». La stragrande maggioranza degli ictus (80%) è costituita da quello ischemico, nel quale un'arteria cerebrale viene chiusa da un coagulo sanguigno che può essersi formato direttamente in quel punto o può venire da un'altra parte del corpo, a esempio dalle arterie carotidi. Il restante 20% è di tipo emorragico, per la rottura di un vaso sanguigno. Completamente diversi tra loro, per la soluzione sono entrambi legati al fattore tempo. Per i primi un punto di svolta importante arrivò nel 1995, quando si cominciò a usare negli Usa e poi anche in Europa, la cosiddetta terapia trombolitica con l'uso di un farmaco iniettato endovena, il Tpa, capace di sciogliere i coaguli sanguigni e di far tornare a circolare il sangue nell'area colpita. Prima lo si fa, minore sarà il danno per i neuroni.
A quella vigile attesa che, in passato, contraddistingueva la gestione del paziente colpito, adesso si è sostituito il concetto fondamentale della velocità nella diagnosi, della rapidità nell'iniziare, da subito, le terapie adeguate, persino in un campo considerato «tranquillo» come la riabilitazione. «È indubbio - continua Sparano - che il tempo sia un fattore fondamentale quando si manifesta l'ictus. Parliamo di quattro ore e mezza. Questa è la finestra entro la quale, una volta comparsi i sintomi, la tempestività dell'avvio delle cure specialistiche può determinare i migliori risultati. Non c'è tempo da perdere». Ai primi sintomi bisogna chiamare il 118, senza indugio.
«È qui che entra in gioco la complessità di un'unità dedicata specificamente a questo problema - aggiunge - quella del Neuromed vede un team di medici e infermieri interamente dedicata a diagnosticare con precisione e a valutare lo stato del paziente per decidere il tipo di intervento. Siamo gli unici in Molise ad avere un'organizzazione così integrata e multidisciplinare, dove la nostra squadra collabora anche con una struttura chirurgica disponibile 24 ore su 24». Ma il vero obiettivo di una medicina, che si avvia sempre di più verso la strada della prevenzione, resta quello di evitare che l'ictus colpisca. «Qui si può fare molto - conclude Sparano - innanzitutto con uno stile di vita sano.

Non fumare, fare attività fisica, evitare l'eccesso di alcol, combattere l'obesità, tenere sotto controllo la pressione arteriosa, sono tutti piccoli elementi che, se considerati nell'insieme, possono fare molto, per ridurre il rischio di essere colpiti dall'ictus».

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