Cultura e Spettacoli

Idee pragmatiche I discorsi al Senato di Luigi Einaudi

Da senatore detta le ricette economiche della libertà, da governatore della Banca d'Italia contribuisce alla nascita del boom economico e alla stabilizzazione dei prezzi

Idee pragmatiche I discorsi al Senato di Luigi Einaudi

Come sapete siamo piuttosto fissati con il pensiero di Luigi Einaudi. E andiamo a scovare tutto ciò che lo riguarda. Il testo di cui oggi parliamo si intitola Libertà economiche , il suo editore è Libro Aperto ed è fresco di stampa. Una gloriosa rivista di pensiero liberale (nel passato per noi liberisti, un filo troppo ammiccante alle mediazioni sociali) che ha fatto un'operazione buona e giusta. In due volumi curati da Marco Bertoncini e Aldo Ricci ha ripubblicato i discorsi al Senato di Luigi Einaudi. Come ci ricordano i curatori «fino alla Costituente compresa, i discorsi si tenevano alla Camera per essere ascoltati, meditati, accolti o riprovati, non per mera necessità locutoria di far apparire il proprio gruppo, senza alcuna conseguenza sul voto dei colleghi». Einaudi diventa senatore per meriti scientifici, grazie allo Statuto albertino, nel 1919. E fino all'avvento del fascismo la sua attività parlamentare è piuttosto intensa. La raccolta di scritti è articolata e in essa è trasfuso il pensiero classico di Einaudi. A ciò però si aggiunge un quid : il sapore della battaglia parlamentare. Dà il senso che il pensiero possa prendere forma concreta, che il precetto liberale non sia meramente libresco o didattico. No. Einaudi come senatore detta le ricette economiche della libertà, così come da governatore della Banca d'Italia ha contribuito alla nascita del boom economico e alla stabilizzazione dei prezzi, sporcandosi le mani con decisioni quotidiane. Einaudi lotta e discute e attacca. È interessante quali artifici retorici e parlamentari usa per impedire che si adotti la «politica della corda» per combattere l'aumento dei prezzi da parte dei commercianti. Il senatore del Regno contesta la retorica dell'accaparramento, delle grida manzoniane, con la proposizione di due emendamenti che, pur dotati di finalità auspicabili, non erano forniti del minimo buon senso per essere applicati. È una paradossale critica politica fatta utilizzando le medesime armi retoriche dell'avversario. Einaudi è il pensatore liberale che meglio di tanti altri ha applicato la categoria del buon senso, della pragmaticità anglosassone, alle cose della politica economica. E niente di meglio che un'antologia dei suoi discorsi parlamentari ci restituisce questa sensazione. Non mancano ovviamente vere e proprie perle filosofiche. Favolosa la sua dissertazione sulla bontà della speculazione che, come dicono i curatori, sembra un'apologia controintuitiva. Per chi non la conoscesse (è la base delle sue lezioni di scienza delle finanze) viene lucidamente riproposta la teoria tutta italiana per la quale all'aumento delle aliquote diminuisce il gettito per lo Stato (Laffer dopo 70 anni ci costruirà la sua fortuna disegnandola su un tovagliolo di carta di fronte ad un incredulo Ronald Reagan).

Ci permettiamo solo un piccolo (pignolesco) appunto: sarebbe stato utile (ma forse troppo complicato) disporre di un testo degli articolati di legge che Einaudi puntualmente prendeva a spunto dei suoi interventi.

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